Influenza: i sintomi nei bambini e quando andare al Pronto Soccorso

Complice il freddo e l’alta circolazione virale, “sono giorni in cui vediamo tanti accessi di bambini in pronto soccorso. La caratteristica di questa sintomatologia influenzale è una febbre alta, di solito superiore a 38 gradi, con punte anche di 39-40, e questo spaventa molto i genitori. Poi si crea questa tosse fastidiosa e stizzosa, che può durare non 3-4 giorni ma anche 2 o più settimane. Quindi anche il fatto che la tosse non passi è un motivo in più di allerta per i genitori, i quali tendono ad andare nuovamente dal pediatra. E per una singola sintomatologia influenzale non c’è più solo un accesso, ma accessi ripetuti alle cure mediche, che siano in ambulatorio o in pronto soccorso. C’è poi sempre lo spauracchio che si tratti di Covid, per alcuni sintomi che sono un po’ sovrapponibili anche se ormai si differenziano abbastanza bene”.

Così all’Adnkronos Salute Elena Bozzola, segretario e consigliere nazionale della Società italiana di Pediatria (SIP). “La ‘fever phobia‘ pesa, e spinge il genitore a correre in pronto soccorso quando il termometro sale molto”, ha raccontato la specialista. Ma ci sono casi in cui è importante farlo e casi in cui “l’ideale sarebbe rivolgersi al proprio pediatra. Perché in pronto soccorso inevitabilmente, in questi giorni intensi in cui sono veramente tanti i bambini con sintomi, si formano lunghe code”.

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Quando allarmarsi?

Quando allarmarsi? “Sotto i 3 mesi di vita – ha spiegato la pediatra infettivologa – quando compare febbre non bisogna aspettare a portarlo il proprio piccolo in ospedale”.

Ci sono delle ‘spie rosse’ da tenere d’occhio: “Quando il bimbo ha difficoltà respiratoria – ha descritto l’esperta – si vede il torace che si muove come una fisarmonica e a livello del giugulo, vediamo che la fossettina alla base del collo si alza e si abbassa, e c’è un alitamento delle pinne nasali, cioè anche le due narici si muovono, perché è come se il bimbo non riuscisse a respirare e utilizza tutta quella muscolatura accessoria per riuscirci”.

Questo si accompagna anche “a tachicardia, cioè il cuore batte più forte perché cerca di pompare il più possibile ossigeno e si osserva un respiro sempre più veloce, accompagnato anche da inappetenza”, ha proseguito la dott.ssa Bozzola.

Ancora: “Il bimbo più è piccolo e più ha bisogno di alimentarsi in modo regolare. Se non lo fa è uno dei campanelli d’allarme, insieme agli altri elencati, che devono spingere a portare il bimbo a visita in pronto soccorso. Altro elemento è la condizione di poca reattività, ipotonia, difficoltà a risvegliarsi, obnubilamento. Tutte le mamme sanno che con 40 di febbre non si salta sul letto, ma si può vedere se il bimbo è reattivo, se si mette seduto o altro e capire se c’è qualcosa che non va. Quando si vedono queste condizioni, è meglio non perdere tempo”.

Per le altre situazioni, invece, “l’ideale è rivolgersi al proprio pediatra anche perché in questi ultimi giorni c’è il rischio che il bimbo resti tanto in attesa nei pronto soccorso e anche che si possa contagiare con altri virus”.

influenza stagionale

L’importanza della vaccinazione

Un consiglio che l’esperta dà è di “intensificare l’aderenza alle vaccinazioni, perché non è vero che vaccinare contro l’inflienza non serve, è una forma di prevenzione”.

Sul fronte della prevenzione, ci sono anche piccoli accorgimenti che potrebbero essere utili per lasciare i virus stagionali fuori dalla porta di casa: “Cercare di evitare visite di parenti e amici con tosse, mal di gola o raffreddore, perché per loro possono essere sintomi blandi, ma per un neonato no”.

“E poi disinfettare sempre bene le superfici – ha proseguito Bozzola – Ricordiamo che anche sulle maniglie delle porte o sui giocattoli può rimanere del virus. Se c’è un bimbo che va all’asilo, non fatelo giocare con gli stessi giochi che usa anche il fratellino più piccolo. A volte sono proprio i figli maggiori che vanno a scuola o all’asilo a portare in casa quello che appare come un banale raffreddore, ma è in realtà virus respiratorio sinciziale che si manifesta così nei più grandi e diventa un’arma micidiale verso i più piccoli”.

Le precauzioni

Altra precauzione: “Non portare i bebè in centri commerciali o in feste di compleanno di bimbi più grandi, in mezzo a tanta gente. Non basta dire: lo tengo separato. Perché c’è comunque dispersione di droplets tutto intorno. E infine: evitare l’esposizione al fumo passivo, anche terziario, cioè di chi ha fumato mezz’ora prima e prende il bimbo in braccio con residui di fumo addosso. Si tratta di piccoli accorgimenti che possono però aiutare a passare la stagione” dei virus respiratori.

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