Esiste la malattia del cuore infranto? E può essere mortale?

Esiste la malattia del cuore infranto che può avere ripercussioni, anche serie, sulla salute?

Già nel 1999, i ricercatori della Johns Hopkins University (Baltimora, USA) hanno notato che molte donne in postmenopausa che avevano provato emozioni intense erano state vittime di attacchi di cuore. Coincidenza? Certamente no.

Un team di 26 scienziati, guidati dal dott. Christian Templin dell’Università di Zurigo (Svizzera), ha indagato sulle origini della malattia. Lo studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, afferma che a seguito di un grave stress, il cervello invia un segnale al surrene (si trova sopra i reni) la cui funzione è quella di produrre adrenalina per rispondere all’aggressione. Involontariamente, l’ormone contrae i piccoli vasi e accelera la frequenza cardiaca. Da qui i sintomi: dolore violento al petto, seguito da mancanza di respiro e sincope … I sintomi, quindi, possono essere identici a quelli di un attacco di cuore. Quando lo shock emotivo è troppo grande, il cuore può paralizzarsi e smettere di battere.

Dopo aver analizzato 1.750 pazienti, i ricercatori hanno scoperto che nel 27,7% dei casi di cardiomiopatia, lo shock emotivo causato dalla perdita di una persona cara, una discussione o una rottura di una relazioni sono stati gli effetti scatenanti. Il 36% dei casi è stato correlato a insufficienza respiratoria o a un’operazione chirurgica avuta di recente. Il 55,8% degli interessati – da notare – aveva una storia psichiatrica o neurologica e il 25,7% aveva avuto un infarto.

Ebbene, il tasso di mortalità della malattia di cuore infranta è del 3,7%, rispetto al 5,3% per infarto. Non c’è ancora alcun trattamento ma gli esperti sperano che questo studio permetterà ai medici di non sottovalutare più la sua gravità.

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