Scopre di avere un tumore al cervello dopo 11 anni di mal di testa: “Pensavo fosse solo sinusite”

Per oltre 10 anni ha convissuto con mal di testa continui. Pensava fosse sinusite. Ma la realtà era molto diversa.

Quante volte abbiamo liquidato un mal di testa come un fastidio passeggero? In Inghilterra, un padre di famiglia ha scoperto che il dolore che lo tormentava dal 2011 non era causato da sinusite, come inizialmente diagnosticato, ma da un tumore cerebrale.

Charlie Broadhurst, oggi 36enne e residente a West Hanney, nell’Oxfordshire, ha ricevuto la drammatica diagnosi solo nel gennaio del 2022, dopo aver avuto una crisi epilettica mentre si stava riprendendo da una lieve influenza.

Una scoperta devastante

L’episodio improvviso ha portato i medici ad approfondire. La risonanza magnetica ha rivelato un astrocitoma di grado 2, un tipo di tumore cerebrale a crescita lenta ma potenzialmente molto pericoloso.

“La nostra vita si è capovolta,” ha raccontato sua moglie Siobhan, 34 anni. “Sentire le parole tumore al cervello è stato terrificante. Non sapevamo quanto fosse grave, ma sapevamo che non era una cosa buona.”

Anni perduti

Charlie non nasconde il dolore e la rabbia per quella diagnosi tardiva: “Mi sono sentito crollare. Ero sconvolto. Ho pensato a tutto il tempo che avevo perso, ben 11 anni vissuti con un tumore senza saperlo. Mi sentivo derubato.”

Ha ammesso di aver trascurato l’invito a farsi visitare da un ottico, consigliatogli dopo una prima risonanza. “Mi limitavo a usare un po’ di più gli occhiali quando avevo mal di testa, ma niente di più,” ha confessato.

Il prezzo di una diagnosi sbagliata

Charlie riflette ora con lucidità: “Se nel 2011 avessi saputo la verità, avrei evitato tutto questo dolore a mia moglie e ai miei figli. Mi fa male sapere cosa dovranno affrontare per colpa di una diagnosi mancata.”

Interventi e terapie

Dopo la diagnosi, Charlie ha subito due interventi chirurgici al cervello. I medici sono riusciti a rimuovere una parte significativa del tumore. Ma la strada non si è fermata lì.

Ha affrontato sei settimane di radioterapia quotidiana e sei mesi di chemioterapia, trattamenti che lui stesso ha definito “durissimi”. Nonostante la stanchezza cronica e la perdita dei capelli, ha trovato forza nel cercare una quotidianità: ha continuato a lavorare nei momenti in cui le terapie glielo permettevano.

Oggi vive sotto sorveglianza attiva, con controlli ogni sei mesi per monitorare il tumore.

Una campagna per non fermarsi mai

A fronte di tutto questo, Siobhan non è rimasta a guardare. Ha deciso di agire. Ha iniziato a raccogliere fondi per Brain Tumour Research, un ente britannico che finanzia la ricerca sui tumori cerebrali.

“Se i sintomi di Charlie fossero stati riconosciuti prima, forse oggi staremmo raccontando un’altra storia,” spiega. “Questa battaglia non è solo per lui. È per la nostra famiglia e per tutte le persone che oggi si sentono dire: hai un tumore al cervello“.

Un tumore che non fa distinzioni

Siobhan sottolinea una realtà spesso ignorata: “I tumori cerebrali sono imprevedibili e colpiscono chiunque, senza distinzione. Uccidono più bambini e adulti sotto i 40 anni di qualsiasi altro cancro nel Regno Unito”.

Una statistica drammatica supportata da Brain Tumour Research: questi tumori mietono più vittime tra gli uomini sotto i 70 anni rispetto al tumore alla prostata. Eppure la ricerca resta drammaticamente sottofinanziata.

La sfida degli 88 squat al giorno

Per sensibilizzare e raccogliere fondi, Siobhan ha deciso di partecipare alla sfida “88 squat al giorno” per tutto il mese di luglio. L’obiettivo? Superare i 25.000 sterline già raccolti e continuare a dare voce a chi combatte silenziosamente.

“Non mi fermerò finché le famiglie come la nostra non smetteranno di sentire quelle parole spaventose”, ha dichiarato.

Cosa possiamo imparare

La storia di Charlie e Siobhan ci insegna a non ignorare i segnali del nostro corpo. Un mal di testa persistente, un cambiamento visivo, una crisi improvvisa: sono sintomi da indagare con attenzione. Anche se sembrano banali.

In casi come quello di Charlie, una diagnosi precoce può cambiare radicalmente il decorso della malattia. Non si tratta di allarmismo, ma di consapevolezza.

Quando il dolore diventa speranza

Oggi, la loro battaglia personale è diventata una campagna pubblica. Hanno trasformato il dolore in impegno, la rabbia in solidarietà.

E come dice Siobhan: “Ogni donazione è un passo verso una cura, ogni squat è un atto d’amore”.

Fonte: Mirror.

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