Coronavirus, i rischi di un vaccino sviluppato troppo in fretta

Di fronte all’emergenza Coronavirus, sono tantissime le persone che chiedono alla comunità scientifica di sviluppare in tempi brevi un vaccino, saltando lo step dei test sugli animali. Si tratta di una strategia da molti vista come lodevole, ma con un rovescio della medaglia di non indifferente portata e possibili rischi di morte.

Vaccino contro il Covid-19: cosa sapere sui tempi di sviluppo

Mentre l’epidemia del nuovo Coronavirus continua a guadagnare terreno in Italia e non solo, sono diverse le equipe scientifiche impegnate nello sviluppo di un vaccino. Tra i progetti in questione è possibile citarne uno che coinvolge i professionisti dell’Institut Pasteur, che hanno iniziato i test sui topi lo scorso 11 marzo.

Guardando invece al contesto italiano, è il caso di citare il lavoro della start up Moderna che, in collaborazione con il National Institute for Health, ha dato il via a test su volontari il 16 marzo.

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I tempi per lo sviluppo di un vaccino

Quando si parla dei tempi necessari per arrivare allo sviluppo di un vaccino non tossico per l’essere umano, ci si muove nell’ordine del 15/20 anni. Fondamentale è infatti arrivare a una formula con prerequisiti adeguati dal punto di vista farmacologico e farmaceutici. Cruciali sono anche i test di immunogenicità sugli animali.

Come poco fa specificato, sono diverse le persone che, in questo clima di emergenza, si augurano che la comunità scientifica riesca a raggiungere un risultato in tempi brevi. La Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha dichiarato martedì scorso di sperare nell’arrivo di un vaccino contro il nuovo Coronavirus prima dell’autunno 2020.

I vertici di Moderna hanno detto la loro su questa prospettiva specificando che, nella migliore delle ipotesi, il vaccino potrebbe essere pronto entro la metà dell’anno 2021. Saltare i passaggi è una buona idea? Per molti esponenti della comunità scientifica no.

Il vaccino infatti non è innocuo. Si tratta infatti di un virus indebolito che, in alcuni casi, può addirittura peggiorare la malattia. Come evidenziato dal Dottor Peter Hotez, preside della National School of Tropical Medicine e professionista che ha lavorato ai tempi dell’emergenza della SARS, alcuni animali hanno sviluppato, a seguito dell’esposizione al virus, sintomi ancora più gravi.

Intervistato da Reteurs, ha fatto presente che il modo migliore per evitare rischi prevede il fatto di testare il vaccino su animali. Su questo argomento si è espressa anche la Dottoressa Karen Maschke, ricercatrice dell’Hastings Center, che ha fatto presente che, se contro ogni previsione dovesse funzionare il progetto di uno sviluppo rapido del vaccino, ci si troverebbe davanti alla necessità di monitorare e rintracciare le persone che ne beneficeranno.

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