Molti pazienti morti con il Covid-19 avevano il virus nel cuore

Tre quarti delle vittime del Covid-19 ospitavano il virus SARS-CoV-2 nei loro cuori. Lo dice uno studio dettagliato sul tessuto cardiaco e riportato su Sciencemag.org che fornisce informazioni su come l’infezione possa danneggiare il cuore e sull’utilità di alcuni trattamenti.

Joseph Maleszewski, patologo cardiovascolare presso la Mayo Clinic, non coinvolto nella ricerca, ha affermato che la scoperta «dipinge un quadro» della connessione tra il coronavirus e i problemi cardiaci.

Gli scienziati, nel dettaglio, hanno raccolto ampie prove del danno cardiaco nei pazienti con il COVID-19. In alcuni, ad esempio, sono stati osservati livelli elevati di troponina, la molecola rilasciata nel sangue quando il cuore è ferito. Altri hanno sperimentato un’infiammazione del ‘sacco’ che circonda il cuore e un’infiammazione del cuore stesso. Ma non è chiaro se questi problemi siano stati causati dal SARS-CoV-2 che ha attaccato il cuore direttamente o se il danno sia stato dovuto a una risposta immunitaria iperattiva.

Parte del problema è che gli studi precedenti sono contrastanti sul fatto che il SARS-CoV-2 possa invadere il tessuto cardiaco.

Comunque, attenendoci allo studio in oggetto, pubblicato su Modern Pathology, il SARS-CoV-2 era presente in 30 cuori e i pazienti hanno sperimentato fibrillazioni atriali, ritmi cardiaci veloci e irregolari, battiti cardiaci precoci o extra, rispetto agli altri pazienti coinvolti nello studio.

Tuttavia, non è chiaro se il coronavirus abbia direttamente attaccato il cuore in questi casi. La maggior parte delle cellule cardiache infette erano cellule immunitarie che il SARS-CoV-2 avrebbe potuto invadere in altre parti del corpo prima di raggiungere il cuore. Inoltre, non è chiaro se il coronavirus, piuttosto che le cellule immunitarie stesse, abbia causato i problemi.

Indipendentemente da questoo, lo studio può aiutare a spiegare perché lo steroide desametasone è così utile per alcuni pazienti. Il farmaco, infatti, è stato uno dei primi utilizzati per prevenire i decessi dovuti al COVID-19. Esso riduce l’infiammazione, quindi potrebbe avere frenato la presenza delle cellule immunitarie che ospitano il SARS-CoV-2 nel cuore. Solo il 50% dei pazienti trattati con il desametasone aveva il virus nel cuore rispetto al 90% dei pazienti che non lo assumevano.

Però, rispetto ai grandi studi clinici, il numero dei pazienti coinvolti in questo nuovo studio è piccolo, rendendo impossibile affermare che un farmaco possa proteggere il cuore meglio di un altro, come affermato da Nicholas Hendren, ricercatore di cardiologia presso il Southwestern Medical Center dell’Università del Texas.

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