Dal veleno di scorpione una possibile cura contro il tumore al seno
Una tossina presente nel veleno di scorpione mostra effetti simili alla chemioterapia contro il tumore al seno. Scoperta brasiliana apre nuove prospettive.
Sebbene i veleni animali siano notoriamente pericolosi per l’essere umano, il mondo della scienza li osserva da sempre con grande interesse. Il motivo? Le tossine che li compongono hanno proprietà uniche, capaci di interagire con le cellule del nostro corpo in modi inaspettati.

Una recente scoperta effettuata dai ricercatori della Facoltà di Scienze Farmaceutiche di Ribeirão Preto (FCFRP-USP), parte dell’Università di São Paulo in Brasile, ha riportato l’attenzione proprio su questo tema. Studiando il veleno di uno scorpione amazzonico poco conosciuto, il Brotheas amazonicus, gli scienziati hanno identificato una molecola capace di agire sulle cellule tumorali del seno in modo simile a un comune farmaco chemioterapico.
Un veleno che combatte il cancro? Non è fantascienza
È sorprendente scoprire che una sostanza tossica possa avere effetti positivi su malattie così gravi. Eppure, è proprio questo che ha dimostrato il team brasiliano. Analizzando in laboratorio una tossina chiamata BamazScplp1, contenuta nel veleno dello scorpione amazzonico, i ricercatori hanno osservato un’azione antitumorale significativa.
Secondo quanto presentato durante l’evento FAPESP France Week, tenutosi a Tolosa dal 10 al 12 giugno 2025, la molecola ha dimostrato di indurre la morte delle cellule tumorali mammarie in maniera simile al paclitaxel, uno dei farmaci più usati nella chemioterapia contro il tumore al seno.
Un meccanismo potente e diretto
BamazScplp1 agisce causando necrosi nelle cellule maligne, cioè una forma di morte cellulare violenta che porta al collasso e alla distruzione della cellula stessa. A differenza dell’apoptosi – un tipo di morte cellulare più “ordinata” – la necrosi scatena una reazione più decisa, che può rivelarsi utile in alcuni contesti oncologici.
Come spiegato dalla professoressa Eliane Candiani Arantes, docente alla FCFRP-USP e coordinatrice del progetto, “grazie alla bioprospezione abbiamo identificato una molecola presente nel veleno di questo scorpione amazzonico, simile a quelle trovate in altre specie, che mostra un’efficacia contro le cellule tumorali mammarie”.
Cosa significa “bioprospezione”?
La bioprospezione è il processo attraverso cui si cercano e si isolano composti chimici utili da fonti naturali – piante, animali, funghi, batteri – con potenziale terapeutico. In questo caso, il bersaglio è stato un animale spesso temuto ma ricchissimo di segreti biochimici: lo scorpione.
Il lavoro della FCFRP-USP si concentra da anni proprio sull’analisi e clonazione di molecole bioattive contenute nei veleni di vari animali, dagli scorpioni ai serpenti. Lo studio del Brotheas amazonicus rappresenta solo uno dei numerosi progetti in corso.
Altri usi medici dei veleni: una “colla biologica” dai serpenti
Non è la prima volta che questi ricercatori riescono a trasformare sostanze potenzialmente letali in strumenti terapeutici. Il gruppo ha già sviluppato un prodotto chiamato sigillante di fibrina, una sorta di colla biologica creata a partire da componenti estratti dal veleno di serpente.
Nello specifico, questa colla è stata ottenuta unendo:
- Proteasi a serina da serpenti come Bothrops neuwiedi pauloensis e Crotalus durissus terrificus
- Crioprecipitato ricco in fibrinogeno, derivato da sangue di bufali, bovini o pecore
Una volta applicati, questi elementi si combinano per formare una rete di fibrina simile a quella che si forma naturalmente nel processo di coagulazione del sangue. Il risultato è una sostanza in grado di chiudere ferite complesse, come quelle ossee o spinali. Attualmente, questo trattamento è in fase 3 di sperimentazione clinica.
Veleni: da minaccia a risorsa terapeutica
Nonostante l’idea di usare veleni in medicina possa sembrare inquietante, è un filone di ricerca attivo e molto promettente. Diversi farmaci oggi in commercio derivano o si ispirano a composti naturali tossici. Alcuni esempi includono:
- Il captopril, usato contro l’ipertensione, derivato dal veleno del serpente Bothrops jararaca
- La exenatide, impiegata nel trattamento del diabete, ispirata a un peptide del veleno del mostro di Gila (un rettile americano)
- Tossine di coni (molluschi predatori) oggi allo studio per la creazione di analgesici più efficaci della morfina
Cosa ci riserva il futuro?
Secondo il team dell’Università di São Paulo, la scoperta di BamazScplp1 rappresenta solo l’inizio. I risultati sono ancora preliminari, ma pongono le basi per ulteriori studi su larga scala. L’obiettivo è comprendere esattamente come la molecola interagisce con le cellule umane, se può essere prodotta sinteticamente e in quali dosaggi può risultare sicura.
La speranza, nel lungo termine, è quella di arrivare a un nuovo farmaco oncologico, più mirato e con meno effetti collaterali rispetto alla chemioterapia tradizionale.
– Telegram: seguici su SaluteLab Telegram
– WhatsApp: attiva gli aggiornamenti su SaluteLab WhatsApp
FAQ
Che cos’è BamazScplp1?
È una tossina presente nel veleno dello scorpione Brotheas amazonicus che mostra effetti simili a un farmaco chemioterapico contro il tumore al seno.
La molecola è già utilizzata come farmaco?
No, la ricerca è ancora in fase preliminare. Sono necessari ulteriori studi clinici per verificarne sicurezza ed efficacia.
I veleni possono essere davvero utili in medicina?
Sì. Diversi farmaci derivano da veleni animali opportunamente modificati. L’importante è isolare e studiare i principi attivi.
È sicuro usare tossine animali per trattare malattie?
In forma pura no, ma una volta isolate, purificate e testate, le molecole possono diventare veri e propri farmaci.
Come funziona il sigillante di fibrina?
Agisce come una colla biologica, creando una rete proteica che aiuta a chiudere lesioni difficili da trattare, come quelle ossee o spinali.