Epatite B: cos’è, cause, sintomi, trasmissione, vaccino

Quando si parla di epatite B, si inquadra una malattia infettiva di origine virale che attacca il fegato. Si tratta del tipo di epatite più comune e anche di quello più letale. Fondamentale è ricordare che si tratta anche dell’unico per cui esiste un vaccino.

Nelle prossime righe, cerchiamo di capire qualcosa di più in merito a questa patologia che, secondo i dati dell’OMS, costa la vita a circa 780.000 persone ogni anno in tutto il mondo.

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Sintomi

L’epatite B – per cui esiste un vaccino dal 1982 – è una patologia molto spesso asintomatica. Nei casi in cui il paziente ha a che fare con dei segni clinici, è bene specificare che sono molto simili a quelli dell’influenza. Si parla quindi di febbre, di senso di stanchezza particolarmente accentuato, di perdita di appetito, nausea, vomito etc.

In un caso su tre, il paziente infetto lamenta anche sintomi relativi a un’infiammazione del fegato, sia con sia senza ittero. Per quanto riguarda invece il periodo di incubazione, la media è di 75 giorni. Ci possono però essere delle variazioni in un range compreso tra i 40 e i 180 giorni.

Entrando ulteriormente nel dettaglio, è importante sottolineare che per il 10% dei pazienti l’infezione evolve e diventa epatite B cronica. Il danno epatico in questione può causare delle complicanze molto gravi, come per esempio la cirrosi epatica o il cancro al fegato.

Trasmissione

Il punto di riferimento principale per la trasmissione dell’epatite B sono il sangue e i liquidi sessuali. Dati scientifici alla mano, l’epatite B è anche 100 volte più infettiva dell’AIDS. A livello concreto, tra le modalità di trasmissione più frequenti rientra l’utilizzo di siringhe contaminate.

Trattamento

Una volta che il virus dell’epatite B è diventato cronico diventa molto difficile sradicarlo. Per questo motivo, è opportuno effettuare una diagnosi precoce e vaccinarsi. Fondamentale è in ogni caso specificare che il trattamento per l’epatite B non cura la malattia, ma impedisce la moltiplicazione del virus. Per renderlo in attivo si può sottoporre il paziente a un trattamento di 6-12 mesi con farmaco interferone alfa, strada che si rivela efficace in un terzo dei casi.

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