Covid, variante Cerberus: le prospettive per i prossimi mesi?

Nonostante il recente cambio di passo del Governo Meloni, di Covid si continua a parlare. Lo si fa soprattutto focalizzando l’attenzione sulla variante Cerberus, una delle sotto-varianti di Omicron che più preoccupano gli esperti. Quali sono le prospettive per i prossimi mesi? Scopriamole nelle prossime righe.

Variante Cerberus: la situazione attuale nel nostro Paese

Oggi come oggi, la prevalenza della variante Cerberus nel nostro Paese è pari al 7% circa. Per i prossimi mesi, però, le prospettive sono quelle di una diffusione a dir poco massiccia. A dirlo sono gli esperti dell’European Centre for Disease Prevention and Control, meglio noto con l’acronimo ECDC.

Secondo un report pubblicato lo scorso 21 ottobre e incentrato sulle sequenze genetiche del virus e delle sue varianti raccolte da Gisaid, banca dati internazionale, entro la metà del mese di novembre, oltre il 50% dei casi europei di infezione da SARS-CoV-2 sarà dovuto alla variante Cerberus e alla Bq.1 (si tratta di un’altra sotto-variante di omicron alla base di Cerberus stessa).

Ciò vuol dire che le sotto-varianti di Omicron diventeranno a breve quelle prevalenti tra la popolazione del Vecchio Continente. Per l’inizio del prossimo anno, si prevede un ulteriore aumento dei casi. A gennaio 2023, infatti, i soggetti affetti da Cerberus potrebbero toccare l’80% dei contagi a livello europeo.

Il motivo di questo aumento? Secondo gli scienziati, sarebbe da ricondurre a una maggior capacità di evadere dai meccanismi di difesa del sistema immunitario. Nello specifico, a essere al centro dell’attenzione scientifica sono le mutazioni di Cerberus legate alla proteina Spike. A detta degli esperti, infatti, riusciranno a bucare i vaccini di terza generazione, ossia quelli che prevedono lo schema con tre dosi.

Diversi esperti hanno altresì notato, nelle varianti sopra citate, modifiche riguardanti anche la nucleoproteina N. Si tratta della componente virale che, quando vengono effettuati i test rapidi, viene presa come riferimento per capire se il corpo è stato attaccato dal virus.

Queste modifiche vengono ritenute dagli scienziati degne di attenzione in quanto potrebbero non essere rilevate dai test rapidi, con ovvie problematiche riguardanti il tracciamento.

L’aspetto appena ricordato potrebbe avere un impatto non indifferente. Come sottolineato sempre dall’ECDC, per una gestione funzionale della situazione pandemica è necessario che i Paesi siano in grado di monitorare in maniera costante ed efficiente la diffusione delle varianti sopra citate sui loro territori.

Fondamentale è ovviamente il ricorso a test diagnostici sensibili e il monitoraggio del decorso dei casi di over 65 e soggetti fragili.

Il punto di vista di Matteo Bassetti

In merito al futuro di Cerberus, si è pronunciato anche Matteo Bassetti, direttore del reparto di malattie infettive dell’Ospedale San Martino di Genova. A suo avviso, la posizione dell’Ema in merito all’arrivo di una prossima ondata nelle prossime settimane è sensata. Secondo Bassetti, però, si tratterà di un’ondata di positivi e non di malattie gravi.

L’esperto ha infatti specificato che la variante Bq.1 dovrebbe essere in grado di bucare l’immunità naturale causata dalla malattia, ma non quella, almeno per quanto riguarda i casi più gravi, determinata dalla vaccinazione con booster.

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