Coronavirus: qual è la strategia dell’OMS per sconfiggere la pandemia?

La pandemia di Coronavirus accelera ma la sua traiettoria può essere cambiata: questo è il riassunto delle parole pronunciate dal capo dell’OMS, che ha invitato i Paesi più colpiti a effettuare il maggior numero possibile di test e a mettere in quarantena sia i casi positivi, sia i contatti più stretti di questi ultimi.

Nel corso di una videoconferenza da Ginevra, Tedros Adhanom Ghebreyesus ha fatto presente che ci sono voluti 67 giorni per raggiungere i 100.000 casi e ulteriori undici per vedere un raddoppio.

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Le parole sul contenimento

Tedros Adhanom Ghebreyesus ha parlato delle misure di contenimento che sono state messe in atto da diversi Paesi del mondo, Italia in primis. Il numero uno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha utilizzato una metafora calcistica molto puntuale, affermando che per vincere una partira non è sufficiente difendersi e che bisogna anche attaccare.

Ha specificato che chiedere alle persone di rimanere a casa e rafforzare le misure di allontanamento sociale è utile per rallentare la progressione del virus e risparmiare tempo.

Ghebreyesus ha però sottolineato che con le sole misure difensive è impossibile vincere la battaglia. La strategia dell’OMS è molto chiara: ogni caso sospetto deve essere testato, ogni positivo confermato isolato e trattato a livello medico. Inoltre, ha posto l’accento sulla necessità di monitorare i contatti stretti dei positivi e di metterli in quarantena.

Micheal Ryan, direttore del programma di emergenza dell’OMS, ha invitato i Paesi più colpiti dalla pandemia a trarre vantaggio dalla finestra che è stata aperta con l’inizio delle misure di contenimento.

Il punto di vista sulle terapie farmacologiche

Nel corso della conferenza stampa sopra ricordata, Tedros Adhanom Ghebreyesus si è espresso anche in merito alle terapie farmacologiche, condannando il trattamento di pazienti infetti con medicinali la cui efficacia non è stata approvata dalla comunità scientifica e facendo presente la poca utilità dei piccoli studi non randomizzati.

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