Coronavirus: chi sono le persone più a rischio?

Tra le domande più frequenti in merito al Coronavirus,rientrano gli interrogativi sulle condizioni sottostanti che aumentano il rischio. A fornire una risposta in merito ci hanno pensato gli esperti dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) degli Stati Uniti.

Coronavirus: quali sono le condizioni sottostanti che aumentano il rischio?

Secondo uno studio caratterizzato dalla presenza del rapporto settimanale sulla mortalità per Coronavirus negli USA, i pazienti ricoverati in ospedale per Covid-19 presentano una o più condizioni mediche sottostanti.

Gli esperti hanno posto l’accento sul fatto che chi ha patologie mediche croniche presenta un sistema immunitario indebolito. Questo, di riflesso, implica una minor capacità di rispondere adeguatamente agli ‘attacchi’ sferrati da batteri e virus.

A detta dei medici e degli esperti di sanità dei CDC, si tratta di risultati di grande importanza, che dimostrano il ruolo cruciale delle misure di prevenzione adottate in tutto il mondo (distanziamento sociale, utilizzo di dispositivi di protezione individuale in ambienti chiusi dove il distanziamento è oggettivamente difficile se non impossibile da mantenere etc).

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Tornando un attimo alle condizioni sottostanti, è utile capire cosa si intende quando si utilizza questo termine. Si parla, come già detto, di una malattia cronica o di una patologia con decorso a lungo termine tale da indebolire fortemente le difese immunitarie dell’individuo.

Gli esperti del CDC hanno anche fornito un breve elenco di patologie che rientrano in questa categoria. Tra queste è possibile citare le malattie polmonari croniche, così come l’asma, le patologie cardiache, le condizioni patologiche che provocano un’immunocompromissione.

Da non dimenticare sono l’obesità, il diabete, le malattie renali croniche, le malattie epatiche. Gli esperti fanno presente che il sistema immunitario può risultare compromesso anche in altre situazioni, come per esempio i trattamenti chemioterapici o quelli somministrati ai pazienti malati di AIDS. Concludiamo specificando che anche le procedure successive a un trapianto d’organo possono compromettere l’efficienza delle difese immunitarie.

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