Come si cura la ludopatia?

La malattia, una volta diagnosticata, va curata, o meglio trattata. Sì, perché lo scopo nella ludopatia è ridurre al minimo i sintomi e, quindi, la possibilità che il giocatore cronico possa ricadere nell’incubo.

Innanzitutto, bisogna tenere in mente che è più probabile che un ludopatico non chieda aiuto piuttosto che lo faccia. E ciò perché prova vergogna per quello che ha fatto, per essere diventato un individuo alla mercé di una dipendenza e per le sue conseguenze economiche. Preferisce ricercare una soluzione agli ammanchi finanziari, finché è possibile trovarne una, anziché confessare di essere malato e chiedere un sostegno, in primis, ai propri cari e poi ai professionisti.

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Ecco perché è importante che qualora ci sia un sospetto che una persona a noi accanto soffra di ludopatia – e a questo servono i paragrafi precedenti sui sintomi, le cause e la diagnosi – di attivarsi per aiutarla, incoraggiandola ad aprirsi e a tendere la mano.

Certo, quando ci si approccia a un soggetto sospettato di essere ludopatico, occorre farlo in modo non conflittuale: meglio avere un tono delicato e calmo affinché il giocatore cronico non si senta sotto accusa e in difficoltà (altrimenti, si corre il rischio che menta, sostenendo che tutto va bene). Da ricordare, comunque, che il ludopatico che non ha il coraggio di dichiararsi come tale è il primo che vuole che si sappia affinché sia aiutato a smettere anche con azioni drastiche, come la sottrazione o il controllo quotidiano della gestione dei conti correnti bancari e delle carte di credito.

Dal punto di vista medico, esistono tre modi principali per trattare la dipendenza: psicoterapia, farmaci e gruppi di sostegno (o di supporto).

La terapia cognitivo – comportamentale aiuta un soggetto a identificare i modelli di pensiero che portano alla ludopatia con il fine di sostituirli con convinzioni più sane.

Inoltre, alcuni ludopatici rispondono bene agli antidepressivi, agli antagonisti dei narcotici e ai farmaci che stabilizzano l’umore. Poi, come già scritto nei paragrafi precedenti, ci sono giocatori cronici che soffrono anche di disturbo bipolare, depressione, disturbo da deficit di attenzione/iperattività ADHD, disturbo ossessivo – compulsivo (DOC). Perciò, i farmaci o le terapie per trattare queste condizioni possono anche alleviare la dipendenza dal gioco.

Importante, poi, l’apporto che può provenire dai gruppi di sostegno. In Italia esiste, ad esempio, l’associazione dei ‘Giocatori Anonimi’ (G.A.), dove uomini e donne “mettono in comune la loro esperienza, forza e speranza al fine di risolvere il loro problema comune e aiutare altri a recuperarsi dal gioco compulsivo”.

“L’unico requisito – prosegue la descrizione dell’associazione sul proprio sito web – per diventarne membri è il desiderio di smettere di giocare. Non ci sono quote o tasse per essere membri di G.A., noi siamo autonomi mediante i nostri propri contributi. G.A. non è affiliata ad alcuna setta, idea politica, organizzazione o istituzione, non intende impegnarsi in alcuna controversia, né sostenere od opporsi a nessuna causa. Il nostro scopo primario è astenersi dal gioco e aiutare altri a recuperarsi dal gioco compulsivo”. Le informazioni di contatto sono presenti su lnx.giocatorianonimi.org.

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