Microcoaguli nel sangue : una nuova pista per capire il Long COVID
Quante volte ci siamo chiesti perché tante persone, mesi dopo l’infezione da COVID‑19, continuino a stare male? La sindrome nota come Long COVID vede affaticamento persistente, difficoltà cognitive, dolori e altri disturbi — e finora i medici hanno faticato a identificarne causas certe. Una ricerca recente suggerisce che nel sangue di questi pazienti possano esserci microcoaguli – minuscoli aggregati di proteine della coagulazione – associati ad altre molecole note come NETs (trappole extracellulari neutrofile): potrebbe essere una «firma biologica» per facilitare la diagnosi.

Le evidenze sono ancora preliminari, ma aprono scenari nuovi per la comprensione e
– potenzialmente – la cura di questa condizione debilitante.
Indice dell'articolo
Cosa sono i microcoaguli e perché sono al centro dell’attenzione
L’analisi più recente ha indagato campioni di plasma provenienti da pazienti affetti da Long COVID e confrontati con individui in buone condizioni di salute. È emerso che nei pazienti:
- la quantità di microcoaguli è significativamente superiore rispetto ai controlli sani.
- non solo numero, ma anche dimensioni: i microcoaguli risultano maggiori nei soggetti con Long COVID.
- i microcoaguli si associano in modo strutturale a quelle che sono le NETs — ovvero strutture filamentose generate dai neutrofili (un tipo di globuli bianchi). Questa interazione suggerisce che non siano fenomeni indipendenti ma collegati.
Per spiegare in termini semplici: i neutrofili, quando attivati da un’infezione o da un’infiammazione, possono rilasciare DNA e proteine a formare dei reticoli (le NETs). Questi, nel contesto di Long COVID, potrebbero favorire la formazione di microcoaguli o stabilizzarli in circolo, rendendoli più resistenti all’eliminazione naturale.
Qual è il significato clinico di questa scoperta?
Se confermata, la presenza di microcoaguli + NETs potrebbe avere due grandi implicazioni:
Diagnosi più agevole
La sindrome Long COVID è nota per la sua eterogeneità e per l’assenza — finora — di test diagnostici univoci. Questi biomarcatori potrebbero diventare un “segno” nel sangue che aiuti a identificare chi soffre davvero di Long COVID e non solo di sintomi non specifici post‑infezione. Uno studio ha persino utilizzato algoritmi di intelligenza artificiale per distinguere pazienti e controlli con un’accuratezza del ~91 % basandosi su questi parametri.
Comprendere i meccanismi e aprire nuove terapie
Se i microcoaguli e le NETs contribuiscono realmente ai sintomi (ad esempio alterando la microcircolazione, causando leggera riduzione del flusso sanguigno nei capillari o favorendo l’infiammazione cronica), allora trattamenti che mirano alla coagulazione, all’infiammazione o alla clearance di queste strutture potrebbero essere una via terapeutica.
Le avvertenze: perché serve cautela
Pur promettente, questo filone di ricerca deve ancora affrontare diversi ostacoli:
- Non è ancora chiaro se i microcoaguli siano causa dei sintomi o semplicemente una conseguenza della condizione. La correlazione non implica automaticamente causalità.
- I pazienti di Long COVID presentano un ventaglio molto ampio di sintomi (affaticamento, “brain fog”, alterazioni muscolari, dolori, problemi di respirazione) e non è detto che una singola spiegazione biologica valga per tutti. Una revisione del 2023 segnala numerosi biomarcatori potenziali, ma nessuno ancora universalmente accettato.
- Non tutti gli studi hanno confermato che i microcoaguli siano esclusivi dei pazienti di Long COVID: alcuni ricercatori segnalano che particelle simili possono essere presenti anche in altre condizioni o in soggetti anche senza sintomi.
- Qualsiasi trattamento mirato alla coagulazione comporta rischi (es. emorragie), perciò la sperimentazione clinica è necessaria prima di applicazioni su larga scala.
Cosa significa per il pubblico italiano
Per chi in Italia convive con sintomi post‑COVID da mesi o anni, queste sono alcune riflessioni utili:
- Il fatto che la ricerca stia individuando precisi marker biologici è incoraggiante: può aiutare a legittimare la condizione, ridurre l’incertezza e offrire vie concrete per test e trattamenti.
- È importante continuare a seguire le indicazioni mediche, mantenere un dialogo attivo con il proprio medico di base o specialista e segnalare eventuali nuovi sintomi o peggioramenti.
- Non affidarsi a cure “miracolose” non validate: data la complessità del Long COVID, è bene che qualsiasi intervento sia basato su evidenze e supervisionato da professionisti.
- Considerare anche altri fattori di salute generale: attività fisica moderata (se tollerata), buon sonno, alimentazione equilibrata e controllo delle comorbidità (es. cardiovascolari) restano pilastri utili.
- Essere informati: anche in Italia cresce l’attenzione verso il Long COVID e le linee guida cliniche stanno evolvendo. Questo tipo di ricerca può accelerare la definizione di percorsi specifici per pazienti.
Curiosità: Lo sapevi che…?
- Il concetto di microcoaguli (o “microclots”) nella circolazione è stato esplorato per la prima volta in modo sistematico nei soggetti colpiti da COVID‑19 acuta, ma solo più recentemente il loro ruolo nel Long COVID è divenuto oggetto di studio più approfondito.
- Le NETs — le strutture in cui sono coinvolti i neutrofili — sono state inizialmente studiate nel contesto delle infezioni gravi e delle malattie autoimmuni, ma la loro relazione col Long COVID è ancora un terreno poco esplorato.
- Una diagnosi basata su biomarcatori aiuterebbe a fare di più che “escludere” altre malattie: potrebbe dare un «segnale positivo» che permetta al paziente di ricevere supporto medico specifico invece di sentirsi ignorato o non compreso.
FAQ – Domande frequenti
Che cos’è esattamente il Long COVID?
È uno stato in cui i sintomi legati all’infezione da COVID‑19 persistono per settimane o mesi dopo la guarigione dalla fase acuta, spesso senza un’altra causa evidente.
Cosa sono i microcoaguli?
Piccolissimi aggregati di proteine della coagulazione che si possono trovare nel sangue in eccesso e che potrebbero ostacolare la microcircolazione.
Cosa sono le NETs?
Sono trappole extracellulari prodotte dai neutrofili, che rilasciano filamenti di DNA e proteine antimicrobiche per catturare patogeni, ma se prodotte in eccesso possono avere effetti dannosi.
La scoperta dei microcoaguli significa che ci sarà presto un test diagnostico?
Non subito. Lo studio è promettente, ma servono ulteriori ricerche cliniche e validazioni per diventare test di routine.
Cosa posso fare se sospetto di avere Long COVID?
Parlane con il tuo medico di base. Segnala i sintomi persistenti, valuta se ci sono esami utili o indicazioni da uno specialista. Mantieni uno stile di vita sano e informati sulle linee guida attuali.





