“Pensavo fosse solo stress”: la storia di Catherine e il suo tumore al cervello
Colpita da un tumore cerebrale, Catherine Reeve racconta il lungo percorso tra diagnosi tardiva, interventi, riabilitazione e resilienza. Oggi è diventata una voce attiva per migliorare l’assistenza ai pazienti oncologici.
Catherine Reeve, insegnante, pianista e madre, ha deciso di condividere la sua esperienza con il tumore al cervello per sostenere la campagna nazionale sulla cura del cancro. La sua storia, iniziata nove anni fa con sintomi sfumati e una diagnosi tardiva, è emblematica delle difficoltà che molte persone affrontano nel percorso oncologico.

Indice dell'articolo
- 1 I primi sintomi sottovalutati
- 2 La diagnosi e l’intervento d’urgenza
- 3 Il peso psicologico della diagnosi
- 4 Le difficoltà nel quotidiano
- 5 Il percorso terapeutico e il supporto
- 6 La malattia continua, ma la vita va avanti
- 7 Cosa chiede Catherine per il futuro dei pazienti oncologici
- 8 Una nuova speranza
- 9 Lo sapevi che…?
- 10 FAQ – Domande frequenti
I primi sintomi sottovalutati
I segnali iniziali, come nausea frequente e perdita dell’appetito, sono stati attribuiti allo stress da parte del medico di base. Catherine, che stava attraversando un periodo di cambiamenti legati al lavoro e alla casa, ha ricevuto una prescrizione di antidepressivi. Era stata prevista anche una TAC presso un ospedale locale, ma l’appuntamento non arrivò mai.
Nel frattempo, le sue condizioni sono peggiorate rapidamente. Non riusciva quasi più a camminare, il suo comportamento era cambiato e faceva fatica a prendersi cura della figlia Rose, all’epoca di soli tre anni.
La diagnosi e l’intervento d’urgenza
Preoccupata, la famiglia ha chiesto un secondo parere in un altro ospedale, dove finalmente è stata eseguita una TAC: è emersa una massa al cervello. Catherine è stata trasferita d’urgenza in ambulanza in un centro specializzato, dove ha subito un intervento chirurgico per rimuovere il tumore.
Successivamente, l’esame istologico ha confermato la natura della massa e la necessità di una seconda operazione: un’awake craniotomy, ossia un intervento a cervello “sveglio”.
«All’inizio pensavo fosse solo stress», ha raccontato. Ma i sintomi non miglioravano con i farmaci. Eppure, non avrebbe mai pensato si trattasse di un tumore al cervello.
Il peso psicologico della diagnosi
La diagnosi formale è arrivata solo dopo le dimissioni dall’ospedale, e per Catherine è stato un sollievo che i medici abbiano aspettato. Sapere subito che si trattava di un tumore maligno, spiega, l’avrebbe distrutta.
Il padre ha cercato di rassicurarla: «Non preoccuparti, ti porteremo fino ai 40 anni». Ma lei desiderava molto di più: essere presente nella vita della sua famiglia per tanti anni ancora.
Le difficoltà nel quotidiano
Dopo l’intervento, Catherine ha perso temporaneamente la sensibilità sul lato destro del corpo, un duro colpo per una musicista e madre attiva. In ospedale, faceva fatica a restare ferma. Nonostante le indicazioni dei medici, cercava continuamente di alzarsi e muoversi per recuperare funzionalità.
A casa, non riusciva a occuparsi della figlia. Il marito Steve e i genitori si sono presi cura della bambina, ma Catherine ha vissuto questa fase come una perdita. «Mi sembrava di non essere più la sua mamma», ha confessato. Rose, troppo piccola per comprendere appieno, rendeva tutto ancora più difficile per l’intera famiglia.
Il percorso terapeutico e il supporto
Catherine ha affrontato chemioterapia, radioterapia e fisioterapia, riuscendo a recuperare l’uso del lato destro del corpo. Fondamentale è stato anche il supporto psicologico ricevuto da un hospice locale, che ha suggerito percorsi personalizzati per tutta la famiglia: musicoterapia per la figlia e terapia di coppia per lei e il marito.
La famiglia si è inoltre rivolta a una fondazione specializzata in tumori cerebrali, trovando conforto e informazioni nei gruppi privati online. Grazie a questi spazi, hanno potuto confrontarsi con persone che stavano vivendo esperienze simili.
La malattia continua, ma la vita va avanti
Oggi Catherine continua a sottoporsi a risonanze magnetiche periodiche per monitorare eventuali segni di ricrescita del tumore, che è ancora presente. Tuttavia, le sue condizioni sono attualmente stabili. Nel tempo, ha partecipato alla Maratona di Londra e ad altre iniziative benefiche, raccogliendo oltre 20.000 sterline per la ricerca.
È diventata una portavoce attiva, sostenendo i diritti dei pazienti e promuovendo una visione più umana e completa della cura oncologica. È anche una “involvement champion”, ossia una figura che rappresenta i malati all’interno delle campagne informative.
Cosa chiede Catherine per il futuro dei pazienti oncologici
Uno dei punti centrali delle campagne che sostiene è l’importanza della valutazione dei bisogni globali del paziente oncologico – non solo fisici, ma anche psicologici, sociali e familiari. Catherine ricorda di aver ricevuto un supporto parziale: le è stato chiesto, in forma orale, come stesse. Ma nessuno l’ha indirizzata direttamente ai servizi di supporto psicologico, che ha poi trovato grazie all’iniziativa della famiglia.
Questo è, secondo lei, un aspetto da migliorare: «Tutti i pazienti oncologici dovrebbero avere accesso immediato e strutturato a consulenze psicologiche. Non tutti hanno una famiglia che sa dove cercare aiuto».
Una nuova speranza
Nel 2021, Catherine e il marito hanno avuto un secondo figlio, che definiscono un “miracolo”. Una gioia immensa, che ha dato nuova energia alla famiglia dopo anni difficili.
Nonostante tutto, Catherine non si lascia definire dalla malattia. Continua a essere una madre affettuosa, una docente appassionata, una musicista. E una voce forte nella lotta per un sistema di cura più empatico, accessibile e completo per i pazienti oncologici.
Lo sapevi che…?
- I tumori cerebrali rappresentano meno del 2% di tutti i tumori, ma hanno un impatto devastante sulla qualità della vita.
- La diagnosi precoce è spesso ostacolata da sintomi vaghi o attribuiti ad ansia e stress.
- Solo una piccola percentuale di pazienti riceve un supporto psicologico strutturato dopo la diagnosi.
- Terapie integrate come la musicoterapia sono sempre più utilizzate nei percorsi oncologici pediatrici e familiari.
- Il supporto tra pari, come i gruppi Facebook per pazienti e familiari, ha un impatto positivo sulla resilienza emotiva.
FAQ – Domande frequenti
I sintomi del tumore al cervello sono sempre evidenti?
No, possono iniziare in modo lieve: nausea, mal di testa, cambiamenti dell’umore o della memoria.
È possibile convivere con un tumore al cervello senza rimuoverlo completamente?
Sì. In alcuni casi, se il tumore è stabile, si può convivere monitorandolo nel tempo.
Chi può accedere alla musicoterapia?
Spesso viene proposta in contesti pediatrici o hospice, ma può essere utile anche per adulti o familiari.
La diagnosi influisce sulla salute mentale?
Assolutamente sì. L’impatto psicologico è spesso sottovalutato, ma è una componente centrale da affrontare.
Che ruolo ha la famiglia?
Fondamentale. Il supporto emotivo, la ricerca di cure e la gestione quotidiana coinvolgono direttamente partner, genitori e figli.





