Quando la maternità diventa una prigione: il dramma della depressione post partum dietro la morte di Elisa

I dati confermano che la depressione post partum è un fenomeno diffuso e spesso sottovalutato in Italia, con importanti implicazioni per la salute pubblica e la necessità di una maggiore attenzione diagnostica e terapeutica.

Il 16 giugno scorso, la piccola Elisa, neonata di tre mesi, è morta dopo che la madre si è lanciata dal balcone del primo piano con lei in braccio, nel quartiere Santa Lucia sopra Contesse, a Messina.

La donna, affetta da una grave depressione post partum, è attualmente ricoverata in gravi condizioni al Policlinico di Messina.

L’inchiesta sulla morte di Elisa vede quattro persone formalmente indagate.

Chi sono gli indagati

– La madre di Elisa (41 anni): è indagata per omicidio volontario. La donna, che secondo le ricostruzioni soffriva di depressione post partum, si trova ancora ricoverata in gravi condizioni nel reparto di Neurochirurgia del Policlinico di Messina e non è ancora a conoscenza della morte della figlia.

– Il padre della bambina: per lui, come per gli altri due indagati, l’ipotesi di reato è omicidio colposo in relazione a possibili omissioni nei confronti della madre di Elisa.

– Lo psichiatra che aveva in cura la donna: anche in questo caso, l’accusa è di omicidio colposo per presunte omissioni nella gestione della depressione post partum della madre.

– Il medico di base della donna: indagato con la stessa ipotesi di omicidio colposo, sempre per un presunto profilo omissivo nella presa in carico e nel monitoraggio della situazione clinica della paziente.

Stato dell’inchiesta e ultimi sviluppi

Le iscrizioni nel registro degli indagati sono considerate un atto dovuto per consentire accertamenti tecnici irripetibili, tra cui l’autopsia sul corpo della piccola, eseguita il 19 giugno dalla consulente medico legale Elvira Ventura Spagnolo.

La Procura, guidata dalla pm Giorgia Spiri, sta approfondendo il quadro clinico e familiare della donna, anche tramite l’analisi della “copia forense” del telefono della madre, sequestrato per verificare eventuali elementi utili alle indagini (messaggi, chat, file protetti).

Le indagini sono in corso per accertare se vi siano state negligenze, sottovalutazioni o omissioni nella gestione della depressione post partum, che secondo le prime ricostruzioni avrebbe giocato un ruolo determinante nel gesto estremo della madre.

La madre resta ricoverata in condizioni stabili ma gravi e non è ancora stata informata della morte della figlia.

La tragedia e il dolore della comunità

La tragedia ha profondamente colpito la comunità di Messina, che nei giorni scorsi ha dato l’ultimo saluto alla piccola Elisa con una partecipazione commossa ai funerali. La Procura prosegue gli accertamenti per chiarire tutte le responsabilità e la dinamica dei fatti.

La Procura attende gli esiti dell’autopsia e delle ulteriori indagini tecniche e testimoniali per valutare se confermare o modificare le ipotesi di reato e per chiarire eventuali responsabilità omissive da parte dei medici e del padre nel percorso di assistenza alla donna.

Ipotesi di responsabilità dei medici coinvolti nella vicenda della piccola Elisa

Come detto, i due medici indagati sono lo psichiatra che aveva in cura la madre per depressione post partum e il medico di base che la seguiva. Per entrambi la Procura di Messina ipotizza il reato di omicidio colposo, specificamente sotto il profilo omissivo. Ecco il dettaglio delle ipotesi di responsabilità:

– Omissione di intervento: l’indagine si concentra sull’eventualità che i medici non abbiano adottato tutte le misure necessarie per prevenire la tragedia, nonostante la conoscenza della condizione clinica della donna. Si valuta se abbiano sottovalutato segnali d’allarme o mancato di attivare percorsi di tutela più stringenti per la paziente e la neonata.

– Gestione della depressione post partum: in particolare, per lo psichiatra, si indaga sulla correttezza e tempestività delle terapie, delle visite di controllo e dell’eventuale segnalazione di peggioramento delle condizioni psichiche della donna alle autorità sanitarie o sociali competenti.

– Ruolo del medico di base: per il medico di base, l’attenzione è rivolta alla sorveglianza generale sulla salute della paziente e alla sua capacità di cogliere e segnalare eventuali rischi per la madre e la figlia, attivando, se necessario, servizi di assistenza specialistica o di emergenza.

Da ribadire che l’iscrizione nel registro degli indagati è un atto dovuto per consentire ai medici di partecipare agli accertamenti tecnici (come l’autopsia) e garantire il pieno diritto di difesa durante le indagini.

La depressione post partum

La depressione post partum è una condizione che può colpire le donne nei giorni, settimane o mesi successivi al parto. Si manifesta con tristezza profonda, senso di inadeguatezza, ansia, stanchezza estrema e difficoltà a creare un legame con il neonato. Per una mamma, affrontare questo stato emotivo è sconvolgente: mentre tutti si aspettano che sia il periodo più felice della sua vita, lei si ritrova travolta da emozioni difficili da controllare, spesso accompagnate da sensi di colpa e solitudine.

Incidenza in Italia

La depressione post partum (DPP) in Italia colpisce una percentuale significativa di donne nel periodo successivo al parto. Le stime più recenti indicano che la prevalenza varia generalmente tra il 10% e il 16% delle neomamme, con alcune fonti che arrivano a segnalare percentuali fino al 20-40% per forme più lievi o transitorie di disagio psichico post partum. In termini assoluti, si parla di oltre 90.000 donne che ogni anno soffrono di disturbi depressivi e d’ansia nel periodo perinatale, che comprende gravidanza, puerperio e i primi 12 mesi dopo il parto.

Uno studio condotto in Toscana ha stimato una prevalenza della DPP pari al 4,8% delle donne che hanno partorito tra il 2018 e il 2020, ma sottolinea che la percentuale può salire al 10-15% se si utilizzano strumenti di autovalutazione invece dei soli dati amministrativi. Questa variabilità riflette le differenze nei criteri diagnostici, nei metodi di rilevazione e nella propensione delle donne a segnalare i sintomi.

Il suicidio in gravidanza e nel primo anno dopo il parto è un evento raro, ma rappresenta una delle principali cause di morte materna nei paesi occidentali. In Italia, riguarda circa 2,3 donne ogni 100.000 nati vivi.

Sottodiagnosi e impatto sociale

Molti casi di depressione post partum non vengono riconosciuti o diagnosticati: si stima che solo la metà delle donne riceva una diagnosi e un trattamento adeguato. Questo comporta un impatto negativo non solo sulla salute della madre, ma anche sullo sviluppo del bambino e sulle relazioni familiari.

I dati confermano che la depressione post partum è un fenomeno diffuso e spesso sottovalutato in Italia, con importanti implicazioni per la salute pubblica e la necessità di una maggiore attenzione diagnostica e terapeutica.

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Come si cura la depressione post partum

Approccio multidisciplinare fondamentale

La cura della depressione post partum prevede un approccio integrato che può includere psicoterapia, farmaci e interventi di supporto sociale e familiare. La scelta della terapia più adatta dipende dalla gravità dei sintomi, dalla situazione personale della donna e dalla presenza di eventuali controindicazioni, come l’allattamento.

Psicoterapia

Terapia psicologica: è considerata il trattamento di prima scelta, soprattutto nei casi lievi o moderati. Le forme più utilizzate sono la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) e la psicoterapia di sostegno. Un percorso tempestivo con uno psicologo esperto in depressione post partum migliora la prognosi e può ridurre la durata del disturbo.

– Gruppi di sostegno: partecipare a gruppi di auto-aiuto o di sostegno tra mamme può essere molto utile per condividere esperienze e sentirsi meno sole.

Farmaci

– Antidepressivi: nei casi più gravi o quando la psicoterapia da sola non è sufficiente, il medico può prescrivere antidepressivi. Alcuni farmaci, come la sertralina e altri SSRI, sono considerati compatibili con l’allattamento, ma la scelta va sempre valutata con lo specialista. Recentemente sono stati approvati anche farmaci specifici come il brexanolone (endovenoso) e lo zuranolone (orale).

– Ansiolitici: per i sintomi d’ansia e i disturbi del sonno, possono essere utilizzate benzodiazepine, sempre sotto stretto controllo medico, soprattutto in caso di allattamento.

Strategie di auto-aiuto e supporto familiare

– Stile di vita sano: attività fisica regolare, alimentazione equilibrata e riposo sono raccomandati per migliorare l’umore e il benessere generale.

– Supporto sociale: il coinvolgimento di partner, familiari e amici è fondamentale per ridurre il carico emotivo e pratico della neomamma.

– Prevenzione delle ricadute: è importante non interrompere bruscamente la terapia farmacologica senza consultare il medico, per evitare ricadute e conseguenze negative sulla salute della madre e del bambino.

Situazioni di emergenza

– In caso di pensieri suicidari o di fare del male a sé o al neonato, è necessario rivolgersi immediatamente a un medico o recarsi in ospedale, poiché si tratta di un’emergenza psichiatrica.

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