Quando i mini‑reni aprono la strada ai trapianti: ecco come
Il trapianto combina organoidi umani e reni di maiale per alleggerire le lunghe liste d’attesa per la donazione.
Lo sapevi che nel 2025 migliaia di persone in Europa restano in lista d’attesa per un rene donato, nonostante la Spagna sia un modello mondiale nei trapianti? E che a livello globale il problema è ben più grave, con milioni di soggetti in attesa e liste sempre più lunghe a causa dell’invecchiamento della popolazione?

La buona notizia: un avanzamento biomedico guidato da ricercatrici spagnole apre oggi una nuova via — quella degli organoidi renali umani — per alleviare queste liste e aumentare la disponibilità di organi.
Indice dell'articolo
Una panoramica del problema
La Spagna è da tempo considerata una «riferimento mondiale» nei trapianti d’organo, grazie a sistemi di donazione e trapianto ben organizzati.
Tuttavia, ogni anno migliaia di persone restano senza il rene necessario pur avendo bisogno di un trapianto. La situazione è ancora più critica a livello mondiale: negli Stati Uniti, ad esempio, muoiono 17 persone al giorno in lista d’attesa per un rene, e ogni 9 minuti un nuovo paziente si aggiunge alla fila.
Un tale squilibrio tra domanda e offerta minaccia di mettere in crisi i sistemi sanitari nei prossimi anni.
L’innovazione: organoidi renali umani
Una squadra guidata dalla biologa spagnola Núria Montserrat (esperta in cellule staminali e medicina rigenerativa) ha sviluppato organoidi di rene umano partendo da cellule staminali. Questi «mini‑reni» iniziano come un piccolo ammasso di cellule e crescono fino a una dimensione inferiore alla testa di uno spillo. Al loro interno si formano strutture cellulari specializzate che somigliano a quelle di un rene vero, rendendoli utili per studiare malattie o testare tossicità.
Il grande salto è stato spingersi oltre: sperimentare se questi organoidi possano servire a trapianto negli esseri umani, partendo da modelli animali.
Il trapianto su modello animale
Il gruppo ha collaborato con diversi enti spagnoli, compresa la Organización Nacional de Trasplantes (ONT), e con ricercatori della University of California. Utilizzando reni di maiale, macchine di perfusione normotermica (che mantengono l’organo vivo e ossigenato al di fuori del corpo), hanno infuso gli organoidi umani nel rene porcino. In un passo ancora più avanzato, quei reni sono stati re‑trapiantati nei maiali da cui erano stati tolti, dimostrando integrazione cellulare, assenza di rigetto e una certa funzionalità nell’animale recepite.
Il risultato è stato pubblicato su una rivista specializzata.
Questo esperimento apre la via all’uso degli organoidi non solo come mezzo di ricerca, ma come potenziale servizio pratico per rigenerare organi.
Perché è importante
- Ridurre le liste d’attesa: utilizzando organoidi o rigenerando organi scartati, si potrebbero aumentare gli organi disponibili.
- Migliorare la compatibilità: rendere gli organi più compatibili con i riceventi per ridurre rischi di rigetto.
- Dare una “seconda vita” a reni che oggi vengono scartati: in Europa si stima che ogni anno più di 1.000 reni vengano esclusi dal trapianto perché considerati non adatti.
- Offrire una «via di mezzo» tra dialisi e trapianto: per molti pazienti la dialisi è un lungo percorso, il trapianto un salto verso una vita migliore. Questo tipo di tecnica potrebbe rendere il salto più accessibile.
Le sfide ancora da affrontare
- Ricreare un rene completo: come ricorda Montserrat, l’obiettivo “fare un rene umano intero” è ancora lontano, perché l’organo ha circa 23 tipi diversi di cellule specializzate.
- Garantire funzionalità a lungo termine nell’uomo: finora l’esperimento è su modello animale, e la durata della funzionalità e la sicurezza vanno ancora studiate.
- Affrontare questioni etiche, regolamentari e logistiche: uso di cellule staminali, modelli animali, trapianti, tutti richiedono rigorosi controlli.
- Adattare la tecnologia a campo clinico: produzione su larga scala, qualità costante, costi sostenibili.
Lo sapevi che…?
- Il gruppo di Montserrat ha realizzato organoidi renali con 19 tipi diversi di cellule specifiche.
- Utilizzando il loro sistema, è stato possibile produrre fino a 30.000 organoidi in un unico esperimento, rispetto ai circa 40 ottenibili con metodi convenzionali.
- Le perfusioni normotermiche usate erano tipiche delle sale operatorie per mantenere organi fuori dal corpo in attesa di trapianto.
Curiosità
- Il termine organoide deriva dal diminutivo di “organo”, indicando una struttura piccola ma organizzata, che riproduce alcune funzioni dell’organo vero.
- In Spagna, il campo dei trapianti è molto avanzato perché il sistema nazionale ha una rete integrata tra donatori, ospedali e coordinamento centrale: ciò rende la novità degli organoidi ancora più significativa in un contesto già forte.
- L’idea di usare organi animali (come maiali) viene detta xenotrapianto e già da tempo è oggetto di ricerca. L’uso combinato di organoidi umani in organi animali rappresenta una fusione tra medicina rigenerativa e xenotrapianto.
Le prospettive future
Nel lungo termine, queste tecnologie potrebbero portare a due scenari principali:
- Estrazione del rene di una persona con patologia renale, trattamento ex vivo con organoidi o perfusione, e reinserimento nell’individuo.
- Rigenerazione di organi donati che oggi risultano non idonei al trapianto, rendendoli nuovamente utilizzabili.
Entrambi gli scenari richiedono tempo, ma l’avanzamento segnato è un passo concreto verso nuove fronde della medicina rigenerativa.
Fonte: El Pais.





