Un accordo senza precedenti: 300 miliardi per il futuro dell’IA

Nel settembre del 2025, OpenAI ha siglato un accordo straordinario con Oracle per l’acquisto di potenza di calcolo, per un valore complessivo di 300 miliardi di dollari, distribuito su un arco di cinque anni. Si tratta di uno dei contratti più imponenti mai firmati nel settore tecnologico, che riflette l’accelerazione della domanda globale di infrastrutture per l’intelligenza artificiale. L’accordo segna un punto di svolta per la società guidata da Sam Altman, che amplia la propria strategia infrastrutturale dopo anni di collaborazione quasi esclusiva con Microsoft. L’intesa è, come obiettivo, la creazione di una rete di data center capace di gestire carichi di lavoro su scala globale, in grado di supportare l’evoluzione di modelli sempre più complessi e diffusi.

Oracle, dal canto suo, rafforza in modo significativo la propria posizione nel mercato del cloud, posizionandosi come fornitore chiave per applicazioni AI di altissima intensità computazionale. Negli ultimi trimestri, l’azienda fondata da Larry Ellison aveva già registrato una crescita costante nei contratti futuri, e questo accordo ne consolida il ruolo. Il contesto economico in cui si inserisce questa mossa è particolarmente competitivo: l’intelligenza artificiale è passata da un settore emergente a diventare una priorità industriale globale, richiedendo risorse energetiche, chip dedicati e nuove architetture distribuite. In questo scenario, l’accordo da 300 miliardi non è soltanto un investimento tecnologico, ma anche una dichiarazione d’intenti sul futuro della leadership nel settore dell’IA.

Progetto Stargate: l’infrastruttura globale dell’IA

L’elemento centrale dell’accordo tra OpenAI e Oracle è il progetto Stargate, un’iniziativa congiunta che coinvolge anche SoftBank, la società emiratina G42 e altri attori strategici dei settori tecnologico e finanziario. L’obiettivo è realizzare una nuova rete globale di data center, progettata per supportare l’elaborazione di sistemi di intelligenza artificiale sempre più esigenti in termini di potenza e continuità operativa. Secondo le tempistiche preliminari, l’infrastruttura richiederà almeno 4,5 gigawatt di capacità energetica: un livello paragonabile a quello necessario a centinaia di impianti industriali di grandi dimensioni in funzione simultanea. I primi siti identificati si trovano negli Stati Uniti e negli Emirati Arabi Uniti, ma sono previsti ampliamenti in Europa e in Asia nei prossimi anni.

Il progetto non riguarda soltanto la costruzione fisica di data center, ma rappresenta una visione coordinata che unisce tecnologia, capitale e geopolitica. Le scelte localizzative rispondono a criteri legati alla disponibilità energetica, alla stabilità normativa e alla possibilità di interconnessione con altre infrastrutture strategiche. Inoltre, la presenza di partner internazionali consente di ripartire rischi e investimenti, aumentando la resilienza del sistema complessivo. OpenAI, Oracle e gli altri attori coinvolti hanno già investito oltre 100 miliardi di dollari nella fase iniziale, e l’accordo annunciato a settembre rappresenta un importante passo verso il raggiungimento dell’obiettivo complessivo di 500 miliardi. In questo contesto, Stargate si propone come piattaforma abilitante per la prossima generazione di applicazioni AI ad alto impatto in ambito sanitario, energetico, industriale e istituzionale.

Il nuovo equilibrio del cloud e la corsa globale all’IA

L’accordo tra OpenAI e Oracle sta già modificando gli equilibri tra i principali attori del settore tecnologico. Microsoft, Google, Amazon e Meta si trovano ora di fronte a una nuova fase competitiva, in cui non basta più sviluppare modelli intelligenti: occorre garantire capacità computazionale su scala, disponibilità energetica e filiere di approvvigionamento stabili. In risposta, molte di queste aziende stanno accelerando lo sviluppo di chip proprietari, rafforzando le prestazioni delle reti di data center e ridefinendo le strategie di partnership globali. Oracle, in particolare, esce da una posizione di secondo piano per proporsi come fornitore critico nell’infrastruttura AI mondiale, grazie a una visione integrata e a una capacità di adattamento che ha sorpreso anche gli analisti più prudenti.

Nel contesto finanziario, l’investimento da 300 miliardi viene monitorato con attenzione. Sebbene OpenAI non sia ancora redditizia e probabilmente non lo sarà prima del 2029, la proiezione dei ricavi futuri e la crescente domanda di soluzioni basate sull’IA sembrano giustificare l’operazione. Alcuni analisti paragonano questa scommessa ai cosiddetti show live con statistiche, termine usato per descrivere decisioni ad altissimo rischio e potenziale rendimento, in cui il successo dipende da una combinazione di visione, tempismo e accesso a risorse chiave. In questo caso, però, la dimensione industriale e strategica rende l’analogia solo parziale: ciò che è in gioco non è solo un ritorno economico, ma anche la possibilità di definire le regole e le infrastrutture della futura economia digitale. Chi riuscirà a controllare la capacità di calcolo potrà influenzare interi settori produttivi, dalla sanità alla difesa, dall’automazione alla finanza.

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