Alzheimer, una proteina “aspirapolvere” potrebbe rallentare la malattia
Un recente studio statunitense individua nella proteina Sox9 un possibile alleato contro le placche amiloidi che danneggiano il cervello nei pazienti affetti da demenza.
La demenza è una delle sfide sanitarie più complesse del nostro tempo. In Italia colpisce circa un milione di persone, con l’Alzheimer che rappresenta oltre il 60% dei casi, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità. Nonostante decenni di ricerca, le cause precise del morbo di Alzheimer restano ancora in parte misteriose. Tuttavia, la comunità scientifica concorda su un punto: la formazione di placche amiloidi e grovigli di proteina tau nel cervello è una caratteristica chiave della malattia.

Queste formazioni anomale si accumulano attorno ai neuroni, interferendo con la comunicazione tra le cellule nervose e, nel tempo, portando alla loro degenerazione. Ma un nuovo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Neuroscience apre una nuova prospettiva: la proteina Sox9 potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella rimozione di queste placche tossiche.
Indice dell'articolo
Una proteina che pulisce il cervello?
Il gruppo di ricerca della Baylor College of Medicine in Texas ha osservato che, aumentando i livelli di Sox9 nel cervello di topi affetti da Alzheimer, le placche amiloidi venivano “aspirate” in modo più efficiente.
«Sox9 regola le funzioni degli astrociti durante l’invecchiamento», ha spiegato il dottor Benjamin Deneen, co-autore dello studio. «Abbiamo scoperto che aumentarne l’espressione nei topi ha spinto le cellule gliali a rimuovere le placche amiloidi dal cervello come un aspirapolvere».
Questa sorprendente capacità di pulizia è stata osservata in animali già affetti da sintomi simili a quelli dell’Alzheimer umano, come deficit di memoria e accumulo significativo di proteine tossiche nel cervello.
Gli astrociti: protagonisti nascosti del cervello
Il meccanismo sembra ruotare attorno agli astrociti, cellule a forma di stella presenti nel sistema nervoso centrale, finora meno studiate rispetto ai neuroni. Secondo il dottor Dong-Joo Choi, primo autore dello studio, «gli astrociti svolgono numerosi compiti essenziali per il normale funzionamento cerebrale, tra cui la comunicazione tra neuroni e l’archiviazione dei ricordi».
Con l’avanzare dell’età, queste cellule subiscono alterazioni significative, ma il loro ruolo nell’invecchiamento cerebrale e nella neurodegenerazione è ancora poco compreso. Per indagare meglio, i ricercatori hanno manipolato il gene Sox9 nei topi, aumentando o riducendo la sua espressione.

I risultati: più Sox9, meno placche
Dopo sei mesi di osservazione, i topi con livelli aumentati di Sox9 hanno mostrato miglioramenti nei test cognitivi e una marcata riduzione delle placche amiloidi. Al contrario, nei topi in cui l’espressione del gene era stata soppressa, le placche si erano accumulate più rapidamente.
«Aumentare Sox9 ha stimolato gli astrociti a fagocitare più placche amiloidi, migliorando anche le capacità cognitive dei topi», ha spiegato ancora Deneen. «Attualmente, la maggior parte dei trattamenti si concentra sui neuroni o cerca di prevenire la formazione delle placche. Questo studio suggerisce che potenziare la naturale capacità di pulizia degli astrociti potrebbe essere altrettanto importante».
Cosa significa per noi?
Gli autori dello studio sono cauti: siamo ancora lontani da un’applicazione diretta sull’essere umano. Ma i risultati sono promettenti. Il dottor Choi ha sottolineato un aspetto fondamentale: i modelli animali utilizzati erano già affetti da compromissione cognitiva e accumulo di placche – una condizione più simile a quella dei pazienti reali rispetto ad altri modelli in cui le sperimentazioni iniziano prima che i sintomi compaiano.
«Crediamo che questi modelli siano più rappresentativi di ciò che osserviamo nei pazienti con sintomi già sviluppati», ha dichiarato.
Verso una nuova direzione nella ricerca sull’Alzheimer
Questo studio offre una nuova chiave di lettura sulla malattia: non solo i neuroni sono protagonisti nella battaglia contro l’Alzheimer, ma anche le cellule gliali potrebbero avere un ruolo terapeutico.
Sebbene siano necessari ulteriori studi – in particolare sugli esseri umani – per confermare l’efficacia della strategia basata su Sox9, il lavoro pubblicato su Nature Neuroscience suggerisce una strada innovativa. Sfruttare il potenziale naturale del cervello nel rimuovere le scorie tossiche potrebbe diventare un approccio complementare alle terapie attuali.
Curiosità: Lo sapevi che…?
🔬 Il cervello umano contiene circa 100 miliardi di neuroni, ma anche oltre un trilione di cellule gliali, tra cui gli astrociti.
🧠 Le placche amiloidi furono descritte per la prima volta nel 1906 dal neurologo tedesco Alois Alzheimer.
🧪 La proteina Sox9 è già nota per il suo ruolo nello sviluppo del sistema nervoso e delle cartilagini.
📉 L’Alzheimer rappresenta la quarta causa di morte in Italia per le donne e la sesta per gli uomini (ISTAT, 2024).
FAQ – Domande frequenti sull’Alzheimer e la proteina Sox9
Cos’è la proteina Sox9?
È un fattore di trascrizione che regola l’attività genetica nelle cellule, in particolare negli astrociti.
Come potrebbe aiutare contro l’Alzheimer?
Aumentando Sox9, gli astrociti sembrano più capaci di rimuovere le placche amiloidi, migliorando le funzioni cognitive.
È già disponibile una cura basata su questa scoperta?
No, si tratta di una ricerca su modelli animali. Serviranno molti altri studi per verificarne la validità sull’uomo.
Le placche amiloidi sono sempre presenti nell’Alzheimer?
Quasi sempre, ma non sono l’unico fattore. Anche i grovigli di proteina tau e l’infiammazione cerebrale contribuiscono alla malattia.
Posso fare qualcosa per prevenire l’Alzheimer?
Uno stile di vita sano (alimentazione equilibrata, attività fisica, stimolazione cognitiva) può ridurre il rischio.
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