Perché c’è chi diffonde il coronavirus più degli altri? Scoperti i 3 motivi

Molti fattori contribuiscono alla probabilità di essere infettati dal SARS-CoV-2. Questa è l’idea alla base della metafora dell’Emmental: ogni misura di contenimento e di barriera riduce i buchi nel formaggio e, quindi, diminuisce la probabilità di essere infettati dal coronavirus.

Un recente studio pubblicato sulla rivista Physic of Fluids condotto dai ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale suggerisce tre nuovi fattori che aumentano la probabilità di infezione: avere il naso chiuso, avere tutti i denti e avere la saliva ‘fina’… Ne dà notizia Futura-Sciences.com.

LO STUDIO

Per svolgere questo studio, gli scienziati hanno utilizzato la modellazione 3D e le simulazioni digitali per ricreare quattro persone con diverse caratteristiche nasali e orali: dentizione completa e naso aperto, dentizione incompleta e naso aperto, dentizione incompleta e naso congestionato e infine dentizione completa e naso congestionato. Quando hanno eseguito le simulazioni, le goccioline di saliva erano più numerose (+ 00%) e andavano oltre (+60%) nelle persone con il naso congestionato.

Questo può essere spiegato dalla meccanica dei fluidi. Un naso limpido fornisce un percorso, oltre alla bocca, per fare uscire lo starnuto. Ma quando i nasi delle persone sono congestionati, l’area di uscita degli starnuti è limitata, con conseguente aumento della velocità delle goccioline degli starnuti che vengono espulse dalla bocca. Allo stesso modo, i denti restringono anche l’area di uscita dello starnuto e aumentano la velocità delle goccioline.

IL RUOLO DELLA SALIVA

I ricercatori hanno anche simulato una caratteristica fisiologica oltre alle caratteristiche anatomiche sopra menzionate: la consistenza della saliva. Secondo le simulazioni, una saliva più densa comporta un rischio ridotto di trasmissione del 47%. Perché? Perché, rispetto alla sua controparte, la saliva fine cade più rapidamente a terra e forma goccioline infettive per un periodo di tempo più breve.

Il coautore dello studio Michael Kinzel, ha affermato: «Questo è il primo studio dedicarto alla comprensione del motivo alla base della distanza percorsa dagli starnuti».

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