Pacemaker senza fili, nuova frontiera per i giovani con aritmie

Una soluzione meno invasiva, sicura e duratura, che potrebbe ridisegnare l’approccio terapeutico in questa popolazione di pazienti ancora troppo poco considerata nei trial clinici ma sempre più presente nella pratica medica quotidiana.

Nel panorama sempre più dinamico della cardiostimolazione, un recente approfondimento pubblicato sull’European Heart Journal Supplements accende i riflettori sulle potenzialità dei pacemaker senza fili, i cosiddetti leadless, nei pazienti giovani. Una fascia d’età finora poco rappresentata negli studi clinici ma che, nella pratica quotidiana, sta acquisendo crescente rilevanza.

Lo studio che comprende bambini e adolescenti

Il lavoro, dal titolo “Leadless pacing in young patients”, è firmato dal professor Paul R. Roberts, docente alla Facoltà di Medicina dell’Università di Southampton, e dal dottor Saverio Iacopino, responsabile dell’Unità Operativa di Aritmologia Clinica ed Elettrofisiologia del Maria Cecilia Hospital di Cotignola (Ravenna), struttura di Alta Specialità di GVM Care & Research accreditata con il Servizio Sanitario Nazionale. Lo studio analizza i dati disponibili sull’efficacia e la sicurezza dei pacemaker leadless in persone di età inferiore ai 40 anni, compresi bambini e adolescenti.

Il Maria Cecilia Hospital tra i pionieri

Il Maria Cecilia Hospital è stato tra i pionieri nell’utilizzo di pacemaker senza fili per il trattamento delle aritmie cardiache, primo in Italia e tra i primi a livello mondiale. Il primo impianto risale a oltre dieci anni fa, su una donna di 67 anni con fibrillazione atriale permanente, utilizzando una tecnica mininvasiva per via transvenosa che consente di collocare il dispositivo direttamente nella cavità cardiaca attraverso una piccola sonda, riducendo sensibilmente il rischio di infezioni e complicanze rispetto ai dispositivi convenzionali.

I vantaggi del pacemaker senza fili

“Inizialmente sviluppati per pazienti anziani e con comorbidità complesse, i pacemaker senza fili si stanno progressivamente affermando come un’alternativa concreta anche per pazienti giovani, nei quali le complicazioni associate ai dispositivi transvenosi convenzionali – come l’infezione, la trombosi venosa, il malfunzionamento valvolare e la necessità di frequenti sostituzioni del generatore (ogni 7-10 anni) – possono risultare più impattanti nel lungo termine – spiega il dott. Iacopino –. In particolare, si traduce in un minor rischio infettivo, minore incidenza di rigurgito tricuspidale e una migliore accettazione estetica da parte del paziente”.

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Quando viene utilizzato

L’impianto di pacemaker leadless si è rivelato particolarmente efficace anche nei giovani adulti affetti da sincope vasovagale cardioinibitoria, caratterizzata da episodi sincopali improvvisi e rari, riducendo significativamente la recidiva dei sintomi. Risultati incoraggianti sono emersi anche nei pazienti con cardiopatie congenite, dove le alterazioni anatomiche del cuore, spesso esito di interventi chirurgici complessi, rendono difficoltoso o rischioso l’impianto di sistemi transvenosi tradizionali.

Benefici confermati pure in ambito pediatrico, grazie a un approccio per via giugulare che evita di dover ricorrere a accessi femorali, ancora troppo piccoli nei bambini, e in pazienti affetti da distrofie muscolari e canalopatie, nei quali il sistema di conduzione è particolarmente fragile e soggetto a degenerazione progressiva.

Impatto positivo sulla qualità della vita dei pazienti

Le dimensioni estremamente ridotte dei pacemaker leadless, l’assenza di elettrocateteri e la modalità di impianto mininvasiva permettono di abbattere il rischio di complicanze gravi in oltre il 95% dei casi, oltre a garantire tempi operatori più brevi, degenze ospedaliere ridotte e minore esposizione alla fluoroscopia, a beneficio sia dei pazienti che del personale sanitario. Inoltre, l’assenza di cicatrici visibili e di protuberanze cutanee migliora significativamente la qualità della vita dei pazienti.

Riduzione dei rischi

“Ad oggi, al Maria Cecilia Hospital sono stati eseguiti oltre 500 impianti di device per la stimolazione senza elettrocateteri (LEP), il 90% su pazienti anziani, il 10% su giovani adulti – prosegue il dott. Iacopino –. Lo studio appena pubblicato ci offre oggi una nuova prospettiva di impiego di questa tecnica, dimostrando che nella popolazione sotto i 40 anni le complicazioni post-impianto con stimolatori senza fili sono risultate simili, se non inferiori, rispetto ai gruppi più anziani. Inoltre, l’efficacia della stimolazione e la stabilità dei parametri elettrici si sono mantenuti ottimali nel tempo. Anche in termini emodinamici, i leadless pacemaker si sono dimostrati meno invasivi: a differenza dei dispositivi tradizionali, non attraversano la valvola tricuspide e quindi non ne alterano la funzione, riducendo il rischio di rigurgito e insufficienza valvolare”.

Una soluzione meno invasiva, sicura e duratura

Pur riconoscendo la necessità di ulteriori studi prospettici randomizzati, le evidenze attualmente disponibili suggeriscono che i pacemaker senza fili possano rappresentare, per molti giovani candidati alla stimolazione cardiaca, una scelta preferenziale. Una soluzione meno invasiva, sicura e duratura, che potrebbe ridisegnare l’approccio terapeutico in questa popolazione di pazienti ancora troppo poco considerata nei trial clinici ma sempre più presente nella pratica medica quotidiana.

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