Ictus scambiato per attacco di panico, Rossella diventa tetraplegica: la sua battaglia contro l’errore medico che le ha cambiato la vita

L’ictus di Rossella Nadalutti fu scambiato per un attacco emotivo a causa di una sottovalutazione dei sintomi neurologici e di una diagnosi psichiatrica prematura, che portarono a un grave ritardo negli accertamenti e nelle cure necessarie, compromettendo irreversibilmente la sua salute.

Questa è la storia di una giovane donna piena di sogni, con gli occhi rivolti al futuro e il cuore colmo di progetti. Amava viaggiare, studiare, immaginare la sua vita oltre i confini della sua piccola città.

Rossella Nadalutti, 27 anni di Cles (Trento), il 21 agosto del 2020 si è recata al Pronto Soccorso dell’ospedale di Cles accusando sintomi quali formicolii, mal di testa e un dolore intenso all’orecchio sinistro. Nonostante questi segnali, i medici interpretarono il quadro come un disturbo di natura psichiatrica, parlando di attacco di panico o attacco emotivo, e non diagnosticarono tempestivamente l’ictus ischemico che la stava colpendo.

La diagnosi tardiva e i danni irreversibili

La diagnosi corretta arrivò solo quattro giorni dopo, quando ormai i danni neurologici erano irreversibili: Rossella, allora studentessa di lingue a Trieste e in procinto di trasferirsi a Manchester, è rimasta tetraplegica, con solo la testa e un braccio funzionanti. Dopo un mese di coma e 15 mesi di ospedale, è tornata a casa, costretta su una sedia a rotelle e bisognosa di assistenza continua.

Nei giorni scorsi l’esito giudiziario della triste vicenda

La Procura aveva chiesto il rinvio a giudizio per cinque medici degli ospedali di Cles e Trento con l’accusa di lesioni personali colpose gravissime. Tuttavia, il procedimento penale si è chiuso il 18 giugno 2025 con la remissione di querela da parte di Rossella e della sua famiglia, dopo che l’assicurazione dell’Azienda sanitaria ha accettato di versare un risarcimento di poco più di due milioni di euro.

Con la remissione di querela, il reato si estingue e il procedimento penale si chiude senza condanne: i medici coinvolti continueranno a lavorare e non ci saranno ulteriori conseguenze giudiziarie per loro.

Le motivazioni e le reazioni

Secondo le perizie, se i sintomi fossero stati riconosciuti entro sei ore dall’arrivo in ospedale, ci sarebbe stata un’elevata probabilità di miglioramento del quadro clinico di Rossella. La giovane e la sua famiglia hanno espresso profonda amarezza per il silenzio dell’Azienda sanitaria e per l’assenza di contatti o scuse da parte dei medici coinvolti, sottolineando come il risarcimento non potrà mai restituire la vita e l’autonomia perdute.

Rossella, in una lunga lettera pubblica, ha raccontato il suo calvario, la sensazione di vivere “imprigionata in casa per una diagnosi sbagliata” e la delusione per una sanità che non ha saputo ascoltare né lei né la sua famiglia. I genitori useranno il risarcimento per acquistare una casa accessibile e un mezzo attrezzato, probabilmente fuori dal Trentino, data l’insostenibilità economica della permanenza nella regione.

La vicenda ha suscitato indignazione e dibattito pubblico sulle responsabilità mediche e sulla gestione dei casi neurologici nei Pronto Soccorso, oltre che sull’assistenza alle persone colpite da gravi disabilità.

Le necessità di Rossella oggi

Il risarcimento permetterà a Rossella e ai suoi familiari di affrontare finalmente alcune delle difficoltà quotidiane più gravi causate dalla sua condizione di tetraplegia. I genitori hanno già dichiarato l’intenzione di utilizzare parte della somma per acquistare una casa su misura, priva di barriere architettoniche, che consenta a Rossella di vivere in un ambiente più adatto alle sue esigenze motorie e sanitarie.

Un’altra priorità sarà l’acquisto di un furgoncino attrezzato per il trasporto di persone con disabilità, in modo da garantire maggiore autonomia negli spostamenti e ridurre la dipendenza dalla disponibilità di familiari o volontari.

Il risarcimento consentirà alla famiglia di sostenere le spese per l’assistenza continua di cui Rossella necessita, inclusi fisioterapia, terapie riabilitative, ausili ortopedici personalizzati e, se necessario, personale specializzato per l’assistenza domiciliare.

Potrà inoltre coprire i costi di eventuali trattamenti privati o di supporto psicologico, spesso non garantiti dal servizio sanitario pubblico o soggetti a lunghe attese, come già denunciato dalla stessa Rossella nella sua lettera pubblica.

La giovane: “Non avrò più la mia autonomia”

Nonostante il risarcimento, Rossella stessa sottolinea che “non avrò più la vita di prima, la mia autonomia”, evidenziando come la somma ricevuta non possa restituire la salute, l’indipendenza e le prospettive future che aveva prima dell’errore medico.

La giovane e la sua famiglia hanno vissuto anni di sacrifici, solitudine e mancanza di supporto istituzionale, e il risarcimento rappresenta un aiuto concreto ma non un risarcimento morale o esistenziale per la perdita subita.

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Perché l’ictus di Rossella Nadalutti è stato scambiato per un attacco emotivo

L’errore diagnostico che ha segnato la vita di Rossella Nadalutti, rendendola tetraplegica, è avvenuto nell’agosto 2020 quando, presentatasi al pronto soccorso di Cles con sintomi neurologici evidenti, la sua condizione è stata interpretata come un semplice attacco emotivo o di panico, anziché un ictus ischemico.

I sintomi presentati da Rossella

Rossella arrivò in ospedale con:

– Formicolii

– Mal di testa

– Forte dolore e rumore all’orecchio sinistro

– Vertigini, perdita di conoscenza

– Problemi di parola, salivazione incontrollata, bocca storta

Questi sono segnali tipici di un possibile evento neurologico acuto, come un ictus.

La valutazione iniziale e l’errore

Nonostante la presenza di questi sintomi, i medici del pronto soccorso di Cles non rilevarono segni neurologici e attribuirono il quadro clinico a una crisi di natura psichiatrica, diagnosticando un “attacco emotivo”. Venne somministrato un sedativo e, dopo una TAC risultata negativa, fu suggerito il trasferimento a Trento, ma solo dopo un peggioramento e con notevole ritardo.

Anche all’ospedale di Trento, durante la visita neurologica, la valutazione fu minimizzata: la neurologa di turno non riscontrò sintomi neurologici rilevanti e Rossella venne nuovamente indirizzata al pronto soccorso, dove intervenne una psichiatra che somministrò altro diazepam.

La diagnosi corretta: troppo tardi

La diagnosi di ictus ischemico al ponte encefalico arrivò solo quattro giorni dopo, tramite risonanza magnetica, quando ormai il danno era irreversibile. Secondo gli accertamenti, se la diagnosi fosse stata fatta entro sei ore dall’arrivo in pronto soccorso, le possibilità di un miglioramento clinico sarebbero state molto alte.

L’errore medico irrimediabile

L’errore è stato dovuto a:

– Sottovalutazione dei sintomi neurologici: i segnali manifestati da Rossella furono interpretati come manifestazioni psicosomatiche e non come segni di un ictus.

– Esclusione prematura di patologie neurologiche: nonostante la presenza di campanelli d’allarme, la valutazione clinica si orientò subito verso una diagnosi psichiatrica, senza approfondire tempestivamente con esami neurologici appropriati.

– Ritardi nei trasferimenti e negli accertamenti: il trasferimento a Trento e la successiva esecuzione della risonanza magnetica avvennero con un ritardo cruciale, che ha compromesso ogni possibilità di recupero.

In conclusione, l’ictus di Rossella Nadalutti fu scambiato per un attacco emotivo a causa di una sottovalutazione dei sintomi neurologici e di una diagnosi psichiatrica prematura, che portarono a un grave ritardo negli accertamenti e nelle cure necessarie, compromettendo irreversibilmente la sua salute.

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