Un esame del sangue può dirti se rischi di morire entro 5 anni

Una scoperta che potrebbe rivoluzionare la medicina preventiva

Un gruppo di ricercatori inglesi ha identificato alcune proteine nel sangue in grado di indicare la probabilità di sopravvivere nei prossimi anni. L’obiettivo: intervenire prima che sia troppo tardi.

Si dice spesso che nessuno può sapere quanto tempo ci resta da vivere. Ma la scienza potrebbe presto contraddirlo. Secondo un nuovo studio dell’Università del Surrey, esisterebbe un semplice esame del sangue capace di prevedere il rischio di morte nei successivi 5 o 10 anni. Lo studio, pubblicato sulla rivista PLoS One, punta l’attenzione su alcune proteine chiave nel sangue che sembrano essere collegate a un aumento della mortalità, indipendentemente dallo stato di salute dichiarato, dal fumo o da altre malattie già diagnosticate.

Cinque proteine “sentinella” per la sopravvivenza

I ricercatori hanno identificato cinque proteine – PLAUR, SERPINA3, CRIM1, DDR1 e LTBP2 – che, se presenti in livelli elevati, possono indicare un rischio aumentato di morte in un periodo di tempo determinato. Queste proteine sono già note alla comunità scientifica per il loro ruolo nello sviluppo di malattie come tumori e infiammazioni croniche, ma ora potrebbero diventare anche indicatori predittivi di sopravvivenza.

“Non solo le proteine nel sangue riflettono il nostro stato di salute generale o la presenza di malattie in corso”, spiega la professoressa Nophar Geifman, docente di Informatica Biomedica all’Università del Surrey, “ma abbiamo dimostrato che possono anche indicare il rischio di morire entro un certo periodo. Livelli alterati di alcune proteine sono un segnale che qualcosa non va nell’organismo e che potrebbero svilupparsi condizioni potenzialmente letali”.

Uno studio su oltre 38.000 persone

La ricerca si è basata sull’analisi di dati biologici provenienti dal UK Biobank, una delle più grandi banche dati mediche del mondo. In totale, sono stati esaminati i profili proteici del sangue di oltre 38.000 adulti, tutti di mezza età o anziani. Alcuni di loro sono deceduti per cause non accidentali nei cinque o dieci anni successivi al prelievo.

I risultati hanno portato a individuare 392 proteine associate a un maggior rischio di morte entro 5 anni e 377 proteine collegate al decesso entro 10 anni. Numeri sorprendenti, che vanno oltre quanto era finora noto sul ruolo delle proteine come semplici biomarcatori di malattia.

Non solo patologie: anche rischio immediato

Secondo gli autori dello studio, alcune proteine indicano processi patologici cronici, mentre altre segnalano rischi acuti e immediati.

Per esempio, è stato osservato che alti livelli della proteina SERPINA1, che normalmente protegge i polmoni da enzimi pro-infiammatori, rappresentano un forte predittore di mortalità a 5 anni. Le funzioni biologiche più predittive di mortalità sono risultate quelle legate alla comunicazione cellulare, alla proliferazione cellulare e ai processi infiammatori.

“Alcune proteine nel sangue riflettono processi graduali e cronici che influenzano la sopravvivenza a lungo termine”, spiega Natalia Koziar, dottoranda e prima autrice dello studio. “Altre sono invece più legate a rischi acuti e immediati, come nel caso della troponina nelle malattie cardiache.”

Verso una “scheda del rischio” proteica

I ricercatori sperano che queste informazioni possano presto diventare strumenti clinici concreti, ad esempio attraverso una sorta di punteggio di rischio basato sulle proteine del sangue. Questo permetterebbe ai medici di identificare con precisione i pazienti più vulnerabili e di agire con terapie o controlli mirati prima che le patologie si manifestino in modo grave.

“L’identificazione precoce degli individui più a rischio potrebbe permettere interventi su misura e piani di trattamento personalizzati, contribuendo ad allungare la vita”, sottolinea la professoressa Geifman. “Inoltre, aiuterebbe i servizi sanitari a ridurre i costi, dato che gli interventi preventivi sono economicamente più sostenibili rispetto alle cure prolungate e complesse.”

Impatto sulla medicina del futuro

L’idea che un semplice prelievo del sangue possa rivelare il rischio di morte a cinque o dieci anni potrebbe sembrare inquietante, ma apre anche a prospettive promettenti per la medicina preventiva. L’obiettivo, spiegano i ricercatori, non è creare allarmismo, ma potenziare la capacità dei medici di intervenire in tempo.

Oggi le analisi del sangue vengono usate per monitorare valori come colesterolo, glicemia o infiammazione. Ma domani, l’analisi proteica potrebbe diventare uno strumento di diagnosi predittiva ad alta precisione.

Lo sapevi che…?

  • Il corpo umano contiene oltre 20.000 tipi di proteine, ognuna con una funzione specifica.
  • Le proteine plasmatiche possono riflettere non solo la presenza di malattie, ma anche la probabilità di svilupparle.
  • L’infiammazione cronica è uno dei principali fattori di rischio associati a numerose malattie mortali, inclusi tumori e patologie cardiovascolari.
  • Alcuni biomarcatori proteici sono già utilizzati in oncologia per valutare la prognosi di alcuni tumori.
  • Il progetto UK Biobank è uno dei più importanti al mondo per lo studio del legame tra genetica, ambiente e salute.

FAQ – Domande frequenti

Davvero un esame del sangue può prevedere la morte?
Lo studio suggerisce che alcune proteine nel sangue possono indicare un aumento del rischio di mortalità, ma non “prevedono la morte” in senso assoluto. È uno strumento predittivo, non deterministico.

Quali sono le proteine chiave individuate?
PLAUR, SERPINA3, CRIM1, DDR1 e LTBP2 sono risultate associate a un rischio aumentato di mortalità.

È già disponibile questo test?
Al momento si tratta di una ricerca sperimentale. I test non sono ancora disponibili nella pratica clinica quotidiana.

A cosa serve sapere se si è a rischio?
Serve per intervenire precocemente, migliorare la prevenzione e prolungare la vita con trattamenti personalizzati.

Chi ha condotto lo studio?
L’Università del Surrey (Regno Unito), in collaborazione con UK Biobank.

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