Ebola torna in Congo: 28 contagi e 15 vittime, scatta l’allarme OMS
Un nuovo focolaio di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) ha riacceso l’attenzione della comunità internazionale, con l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che ha lanciato un allarme urgente. Il virus, silenzioso e letale, sembra non abbandonare mai davvero l’Africa centrale, pronto a riemergere con forza nelle sue zone più vulnerabili.

La conferma ufficiale è arrivata: l’OMS segnala un nuovo focolaio di Ebola nella provincia di Kasai, una delle aree più povere e isolate del Paese. Una notizia che preoccupa, perché a oggi – 6 settembre 2025 – sono già stati registrati 28 casi (tra sospetti e confermati) e 15 decessi, tra cui quattro operatori sanitari. Segno che la situazione è seria, e che la risposta sanitaria non può aspettare.
Indice dell'articolo
- 0.1 Un’emergenza sanitaria che richiede una risposta immediata
- 0.2 Tasso di mortalità oltre il 50%: una minaccia reale
- 0.3 Perché continuano a verificarsi focolai di Ebola?
- 0.4 Vaccini e trattamenti: le armi contro il virus
- 0.5 Un virus invisibile che colpisce all’improvviso
- 0.6 Cosa fare se si è stati in zone a rischio
- 1 Il ruolo della prevenzione: comunità consapevoli e vigilanza attiva
- 2 FAQ
- 3 Iscriviti per ricevere aggiornamenti su salute e prevenzione
Un’emergenza sanitaria che richiede una risposta immediata
La prima paziente identificata è stata una donna incinta di 34 anni, residente a Boulapé, nella provincia di Kasai. La donna è deceduta il 25 agosto per insufficienza multiorgano. In meno di due settimane, il numero dei casi è salito rapidamente, concentrandosi principalmente nella zona di Boulapé, con almeno un caso segnalato anche a Mweka.
Con questa nuova ondata, la Repubblica Democratica del Congo si trova ad affrontare il sedicesimo focolaio di Ebola dalla sua prima comparsa nel 1976, a Yambuku, vicino al fiume Ebola, da cui prende il nome.
Tasso di mortalità oltre il 50%: una minaccia reale
Uno dei dati che allarma di più è il tasso di letalità provvisorio, che si attesta al 53,6%. Questo significa che più della metà delle persone contagiate non sopravvive. È un indice che racconta tutta la pericolosità del virus, che può uccidere nel giro di pochi giorni se non trattato in tempo.
L’OMS ha già attivato una risposta multilivello:
- Invio di squadre di intervento rapido
- Allestimento di laboratori mobili
- Vaccinazione d’emergenza con il vaccino Ervebo
- Fornitura di dispositivi di protezione individuale
- Potenziamento delle attività di sorveglianza e tracciamento nei centri sanitari locali
Perché continuano a verificarsi focolai di Ebola?
Nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni – dai vaccini alla diagnosi precoce – l’Ebola continua a rappresentare una minaccia ricorrente, soprattutto in contesti fragili. Ecco i motivi principali:
- Presenza del virus in serbatoi animali (pipistrelli, scimmie, antilopi)
- Sistemi sanitari deboli, spesso carenti di risorse e personale
- Conflitti politici e instabilità sociale
- Mobilità limitata e difficoltà nei trasporti interni
- Diffidenza delle comunità locali verso le autorità sanitarie
In pratica, ogni focolaio è una combinazione di vulnerabilità strutturale, disinformazione e mancanza di prevenzione sul territorio.
Vaccini e trattamenti: le armi contro il virus
Oggi, rispetto al passato, il mondo dispone di strumenti concreti contro l’Ebola. Il vaccino Ervebo (rVSV-ZEBOV) è efficace e sicuro, già utilizzato in precedenti epidemie in Guinea e in altre zone della RDC. La strategia vaccinale prevede l’anello epidemico: si vaccinano i contatti diretti dei casi confermati e i loro contatti.
Sono inoltre disponibili trattamenti antivirali sperimentali e terapie di supporto intensivo, fondamentali per aumentare le probabilità di sopravvivenza.
Tuttavia, per funzionare, queste soluzioni devono arrivare in tempo e essere accettate dalla popolazione. E qui entra in gioco la comunicazione, la formazione e il coinvolgimento attivo delle comunità.
Un virus invisibile che colpisce all’improvviso
Il virus non aspetta comunicati ufficiali. Agisce nell’ombra, nei villaggi isolati, diffondendosi prima che venga identificato. Ecco perché il rafforzamento dei sistemi sanitari – anche in contesti difficili – è la vera linea difensiva.
Servono:
- Centri sanitari attrezzati e accessibili
- Personale formato e protetto
- Sistemi di allerta rapidi
- Maggiore fiducia tra comunità e autorità sanitarie
Cosa fare se si è stati in zone a rischio
Se hai viaggiato in aree colpite o sei stato a contatto con persone provenienti da quelle zone, presta attenzione a sintomi come:
- Febbre alta
- Mal di testa forte
- Dolori muscolari
- Vomito o diarrea
- Sanguinamenti anomali
Rivolgiti immediatamente a un medico. Non aspettare: con l’Ebola, ogni ora conta. Segnalare tempestivamente i sintomi può salvare la propria vita e quella degli altri.
Il ruolo della prevenzione: comunità consapevoli e vigilanza attiva
Il ritorno dell’Ebola ci ricorda che le epidemie non appartengono al passato. Sono reali, attuali, e colpiscono dove meno ce lo aspettiamo. Non basta reagire: bisogna prevenire.
Investire in formazione sanitaria, infrastrutture e trasparenza è il primo passo. Ma è altrettanto importante educare e coinvolgere le popolazioni locali, che devono essere parte attiva nella lotta.
Consiglio utile
Per chi viaggia in zone a rischio o lavora in contesti sanitari sensibili, una confezione di mascherine FFP3 certificate può offrire una protezione aggiuntiva, soprattutto in ambienti ad alto rischio.
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FAQ
Cos’è l’Ebola?
Una malattia virale grave e spesso letale, trasmessa da animali all’uomo e poi tra esseri umani attraverso fluidi corporei.
Come si trasmette il virus?
Tramite sangue, saliva, vomito, urine o altri fluidi di una persona infetta.
Esiste un vaccino contro l’Ebola?
Sì, si chiama Ervebo. È efficace e viene somministrato nei contatti diretti dei casi positivi.
Quanto è pericoloso l’Ebola?
Molto: può avere una letalità superiore al 50% se non trattato tempestivamente.
Cosa fare in caso di sintomi?
Rivolgersi immediatamente a un medico, soprattutto se si proviene da zone a rischio.