Quando la diagnosi arriva troppo tardi: la storia di Darren e il dilemma dello screening per il tumore alla prostata

Una storia commovente mette in luce il dibattito acceso sullo screening contro il tumore alla prostata. Un padre di 42 anni diagnosticato in fase avanzata invita a riflettere su efficacia e limiti del test.

Pochi giorni prima di Natale 2023, un uomo di 42 anni — in buona salute, attivo e con due figli piccoli — riceve una diagnosi che cambia tutto: un tumore alla prostata già avanzato e incurabile. Una scoperta che avrebbe potuto arrivare prima? Oggi, il dibattito intorno allo screening di massa per il cancro prostatico fa discutere esperti e pazienti. Ma quale scelta è davvero giusta? I fatti, le raccomandazioni ufficiali e i numeri italiani offrono una visione complessa — e drammaticamente concreta — della questione.

Il protagonista della vicenda, che chiameremo per comodità “Darren”, racconta al The Sun: «Mia moglie ed io abbiamo preparato il cenone di Natale con un sorriso, mentre dentro eravamo paralizzati dal dolore». Due bambini di 8 e 9 anni che vedevano nel padre un “eroe invincibile”. Quel Natale i genitori decisero di non dire nulla ai figli.

Quel blocco della minzione, apparentemente causato da un ingrossamento benigno della prostata, lo ha portato a sottoporsi privatamente a test e accertamenti, che hanno rivelato una realtà drammatica: un tumore protratto oltre la prostata, con metastasi ossee e diagnosi di malattia ormai incurabile. Nonostante ciò, Darren ha iniziato un percorso terapeutico (ormonoterapia, chemioterapia, radioterapia) e ha cercato di continuare a vivere: lavoro, sport, figli. Ma la coscienza della malattia e della sua gravità lo accompagna ogni giorno.

La sua storia ha riaperto il dibattito sul tema dello screening — finora controverso — per il tumore della prostata. In un paese come l’Italia, dove aumentano i casi ma manca ancora un programma nazionale uniforme, resta la fatidica domanda: screening sì o screening no?

I numeri in Italia

  • Il tumore alla prostata è il più comune fra gli uomini. Nel 2024 sono state stimate circa 40.192 nuove diagnosi.
  • I malati attuali — uomini che convivono con una diagnosi passata — sono circa 485.000.
  • La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è oggi tra le più alte fra i tumori: circa 91%.
  • Ogni anno in Italia si contano oltre 8.200 decessi per questa neoplasia.
  • I casi di tumore della prostata sono in crescita: tra il 2017 e il 2022 le nuove diagnosi sono passate da 34.800 a 40.500, un incremento del +16% in cinque anni.

Questi numeri mostrano un aumento costante dell’incidenza — probabilmente dovuto anche a miglior capacità diagnostica — e confermano l’importanza di strategie preventive efficaci.

Perché lo screening del tumore alla prostata è controverso

Il test più noto per la diagnosi precoce è il dosaggio nel sangue dell’PSA (Antigene Prostatico Specifico). In passato considerato candidato ideale per lo screening di massa, oggi le sue limitazioni sono evidenti.

✅ I vantaggi possibili

  • Il PSA può segnalare alterazioni anche in assenza di sintomi evidenti, potenzialmente consentendo una diagnosi in fase precoce.
  • Se integrato con esami più sofisticati — come la risonanza magnetica multiparametrica (mpMRI) — può migliorare la precisione della diagnosi e ridurre il numero di biopsie inutili.
  • In soggetti a rischio — cioè con familiarità, storia di tumore in famiglia, fattori genetici — il monitoraggio attento può aiutare a individuare casi a maggiore probabilità di evoluzione.

⚠️ I limiti e i rischi

  • Il PSA non è specifico per il cancro: valori elevati possono dipendere da condizioni benigni come iperplasia prostatica o infiammazioni.
  • In assenza di sintomi, molti tumori scoperti con lo screening non avrebbero mai causato problemi nella vita del paziente — fenomeno noto come sovradiagnosi.
  • La conseguenza può essere un sovratrattamento con effetti collaterali rilevanti (incontinenza, disfunzioni sessuali, stress emotivo), per una malattia che magari sarebbe rimasta indolente.
  • Non esiste ancora un consenso internazionale per uno screening di massa: molti paesi — e finora anche l’Italia — preferiscono un approccio mirato, ordinato sulla base di fattori di rischio e consapevolezza individuale.

Lo stato in Italia: cosa si sta muovendo

In Italia non esiste al momento un programma di screening nazionale universalistico per il tumore alla prostata incluso nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

Tuttavia, qualcosa si sta muovendo. Nel 2024 la Regione Lombardia ha avviato un programma di screening gratuito rivolto a uomini tra i 50 e i 69 anni residenti nella regione, con un percorso che prevede test PSA, questionario anamnestico e, in caso di positività, ulteriori approfondimenti.

Allo stesso tempo, il Ministero della Salute ha stanziato 500.000 euro per un progetto finalizzato a studiare la fattibilità di uno screening prostatico su scala nazionale.

Molte società scientifiche ed esperti — fra cui la AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) — invitano a potenziare la prevenzione, non solo con esami, ma con corretti stili di vita: attività fisica, controllo del peso e stop al fumo.

La lezione di una storia: perché «non lasciare che il perfetto sia nemico del buono»

La testimonianza di Darren — pur arrivata da un contesto diverso, quello del Regno Unito — risuona con forza anche in Italia. Un uomo ancora giovane, in forma, attivo. Eppure diagnosticato troppo tardi, con una malattia già avanzata.

«Forse avrebbero potuto prenderlo prima» dicono molti sostenitori dello screening. Ma è vero anche che, come ammette lo stesso Darren, anche con diagnosi precoce non è detto che la sua malattia sarebbe stata curabile. Eppure, l’argomento a favore di un controllo prima possibile appare forte: meglio individuare più tumori in fase iniziale che rischiare di affrontarli quando ormai sono in stadio avanzato.

Il timore maggiore resta quello della sovradiagnosi e del sovratrattamento. Ma molti clinici ed enti sottolineano che una strategia equilibrata — combinando PSA, mpMRI e valutazione del rischio individuale — può ridurre questi rischi.

Secondo il principio che «non bisogna lasciare che il perfetto sia nemico del buono», l’Italia potrebbe muoversi verso una forma di screening organizzato ma selettivo. In questo modo, molti uomini a rischio potrebbero beneficiare di una diagnosi precoce senza esporti inutilmente a trattamenti invasivi.

Lo sapevi che…?

  • Il tumore alla prostata in Italia rappresenta circa 15% di tutti i tumori diagnosticati negli uomini.
  • Se due o più parenti di primo grado (padre, fratello, figlio) hanno avuto il tumore, il rischio può aumentare fino a 3–6 volte rispetto alla media.
  • Alcuni studi riportano un incremento dell’incidenza del tumore anche fra uomini più giovani (40–50 anni), anche se i casi restano molto più rari rispetto agli over 60.

Quale strada per il futuro: raccomandazioni e buone pratiche

  • Promuovere programmi di screening strutturati, soprattutto per uomini con familiarità o fattori di rischio, evitando l’approccio “uno per tutti”.
  • Utilizzare il test PSA non come unico strumento, ma come parte di un percorso diagnostico che preveda, se necessario, mpMRI e visite/urologia.
  • Informare meglio gli uomini sui limiti dello screening: rischio di falsi positivi, sovradiagnosi, potenziali effetti collaterali.
  • Incentivare stili di vita sani (attività fisica, dieta equilibrata, astensione dal fumo) come forma di prevenzione.
  • Garantire equità di accesso su tutto il territorio nazionale — non solo in alcune regioni — per evitare disparità in funzione del luogo di residenza.

Nel contesto italiano, il modello della Regione Lombardia offre già un interessante esempio di come si possa combinare screening e prevenzione: potenzialmente replicabile altrove.

FAQ
D: Quando è consigliato il test PSA?
R: Generalmente dagli 50 anni in su. Se c’è una familiarità familiare (padre, fratello, figlio) o altri fattori di rischio, può essere valutato anche prima, su indicazione medica. Regione Lombardia+2AIRC+2

D: Il PSA da solo serve per fare lo screening?
R: No. Il PSA è solo un indicatore: valori elevati possono dipendere da iperplasia prostatica o infiammazioni. Per una diagnosi accurata servono approfondimenti (es. mpMRI, biopsia). AIRC+2AIRC+2

D: Esiste in Italia uno screening nazionale per il tumore alla prostata?
R: Al momento no. Alcune regioni, come la Lombardia, hanno avviato programmi regionali: ma non esiste un programma organizzato a livello nazionale incluso nei LEA. ats-pavia.it+2Regione Lombardia+2

D: Quali sono i rischi dello screening?
R: Sovradiagnosi (tumori che non avrebbero dato problemi), trattamenti inutili, potenziali effetti collaterali come incontinenza o problemi sessuali. Scienza in rete+2andrologia-urologia.it+2

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