Covid-19, quali sono i rischi di una seconda infezione? Lo studio

Fino ad oggi nessun farmaco o vaccino è stato ancora scoperto e commercializzato per trattare o prevenire il rischio di contagio da coronavirus.

Diversi studi, inoltre, hanno già appurato che la reinfezione è possibile e che l’immunità al Covid-19 potrebbe non essere permanente.

A tal proposito, una recente ricerca, pubblicata sul British Medical Journal, è arrivata alla conclusione che una seconda infezione può aumentare significativamente il rischio di sviluppare una forma grave della malattia.

Questa reazione durante la reinfezione con il Sars-CoV-2 è, secondo Luca Cegolon e il suo team, dovuta a «un meccanismo immunologico noto come facilitazione dell’infezione tramite gli anticorpi».

Secondo gli autori, questo fenomeno immunologico di predisposizione a una forma grave della malattia si potrebbe verificare quando il paziente infetto è già stato colpito da una precedente infezione virale, che potrebbe essere il virus Sars-CoV-2, ma anche da un altro ceppo di coronavirus, o addirittura da altri virus respiratori.

I ricercatori italiani hanno ricordato che «il tasso di mortalità per Covid-19 sarebbe aumentato dal 5,6% al 10,5% in presenza di qualsiasi comorbilità (ipertensione, diabete, malattie cardiovascolari, cancro e / o malattie respiratorie) e aumenta significativamente e gradualmente dopo i 50 anni, sebbene la forma grave della malattia aumenti linearmente a qualsiasi età».

Potrebbe, quindi, essere possibile anche una predisposizione alle forme gravi della malattia, specialmente nelle persone che sono state infettate per la prima volta, ma asintomaticamente o con sintomi lievi (febbre, tosse, mal di gola, affaticamento, ecc.): ed è questo il caso della maggioranza della popolazione.

«Questa ipotesi potrebbe avere implicazioni rilevanti per il trattamento delle forme gravi di COVID-19 e la possibilità di produrre un vaccino efficace contro SARS-CoV-2 potrebbe essere messa in discussione», hanno spiegato gli studiosi.

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