Cos’è la variante milanese del Covid-19?

  • La variante milanese è stata scoperta dai ricercatori dell’Università Statale di Milano coordinati da Serena Delbue.
  • Questa variante coinvolge la proteina ORF-6 che sembra poter avere conseguenze sull’organismo e l’evoluzione clinica.
  • La ricercatrice rassicura che questa mutazione non ha alcun effetto sull’efficacia del vaccino.

Una nuova mutazione del virus SARS-CoV-2 è stata identificata, è quella milanese. Cosa c’è da sapere?

Cosa sappiamo sulla variante milanese del Covid-19

Tra quelle già esistenti, si aggiunge una nuova variante del SARS-CoV-2, questa volta è quella milanese che sembra poter avere delle conseguenze sull’organismo e l’evoluzione clinica.

La scoperta è stata realizzata proprio dai ricercatori dell’Università Statale di Milano – coordinati da Serena Delbue – e pubblicata nella rivista ‘Emerging Microbes & Infections’.

Secondo i ricercatori, la mutazione coinvolgerebbe la proteina ORF-6 (e non più la proteina Spike com’era avvenuto finora, non influenzando così sull’infettività del virus) che potrebbe avere delle ripercussioni cliniche ma non sull’efficacia dei vaccini: questo può avere conseguenze sulla diffusione del virus nel corpo infettato e sulla sua risposta immunitaria.

“Si tratta di una proteina molto piccola, che ha una funzione regolatoria nel virus, cioè non crea la sua struttura, ma agisce sulla sua patogenesi, cioè sul modo in cui il virus causa la malattia nell’organismo ospite”, ha spiegato all’Ansa Serena Delbue.

Non ha invece alcun effetto sull’efficacia del vaccino. Abbiamo dimostrato però – ha aggiunto Delbue – che in questo virus ci sono altre proteine importanti, oltre alla spike”.

La ricercatrice ha precisato che “questa mutazione potrebbe o favorire la diffusione del virus nell’organismo ospite, o invece renderlo meno pericoloso. Questo dobbiamo ancora capirlo”.

Come funziona la proteina ORF-6?

Quando il virus si replica nella cellula ospite, formando così nuove particelle virali, la proteina ORF-6 modula la risposta immunitaria dell’organismo ospite, interagendo nella produzione degli interferoni, che sono una delle risposte antivirali attivate dall’organismo ospite. La mutazione potrebbe quindi influire sulla diffusione del virus nell’organismo.

“Ciò indica l’importanza di monitorare tutte le mutazioni che SarSCoV2 accumula – ha concluso la ricercatrice – anche quelle che coinvolgono le regioni regolatorie, ad oggi meno studiate, ma che costituiscono più della metà del genoma virale”.

Cosa suggerisce la ricerca milanese?

Questo studio ha messo in evidenza come il virus SARAS-CoV-2 durante la sua replicazione – spiegata in precedenza – introduca delle mutazioni in maniera casuale che possono dargli dei vantaggi durante questo processo così da ‘evadere’ il sistema immunitario, costituito da diverse cellule che collaborano tra loro per eliminare gli agenti estranei all’organismo.

Quindi nel caso di questa mutazione milanese l’attenzione non è posta sull’infettività virale determinata dalla proteina Spike (la parte più esterna del virus).

Nel caso studiato dai ricercatori dell’Università Statale di Milano l’alterazione della proteina accessoria ORF-6 potrebbe essere in grado di alterare i meccanismi patogenetici della malattia del Covid-19.

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