10 milioni di italiani al Pronto Soccorso per il dolore acuto

Sono 10 milioni le persone che in Italia nel 2015 si sono recate al pronto soccorso per dolore acuto, e il 60% delle richieste di intervento con i medici di base avvengono per la stessa ragione.

A rilevarlo sono alcune tra le società scientifiche, realtà e associazioni impegnate nell’area della terapia del dolore, tema al centro di tre incontri al Meeting Salute di Rimini.

Il primo incontro – spiega Gian Franco Gensini, professore di Medicina interna e presidente di Cesmav, Centro studi Medicina avanzata – approfondirà la legge italiana sul dolore nei suoi diversi aspetti; un secondo verterà su come questa normativa viene accolta nel nostro sistema di innovazione e sui meccanismi che consentono ai cittadini di avere a disposizione i rimedi più avanzati; nel terzo, infine, parleremo della Medicina del dolore applicata alla nostra quotidianità e delle conoscenze in merito dei cittadini e dei pazienti“.

Ancora pochi italiani, infatti – evidenziano gli organizzatori – conoscono questo settore della Medicina che comprende tutti quegli atti farmacologici, interventistici, chirurgici e cognitivo-comportamentali che hanno lo scopo di ridurre il dolore inutile. In altre parole, si parla di terapia del dolore quando dobbiamo trattare il dolore sia come sintomo sia come malattia. Una patologia che affligge il 20% della popolazione italiana, mentre nei Paesi dell’Europa gli interessati oscillano tra il 12 e il 25%. Il dolore colpisce dunque un italiano su 5, e rappresenta per gli esperti un’emergenza sociale a cui bisogna dare grande attenzione.

Tra i fattori di rischio per l’insorgenza del dolore acuto, i prevalenti sono incidenti stradali, infortuni sul lavoro, incidenti in ambiente domestico, patologie cardiovascolari acute e tumori.

Tra le cause del dolore acuto, si evidenziano tre macro-aree: mal di schiena (78% di accessi al pronto soccorso per dolore), cefalea (16%) e coliche renali (5%). A tutto questo va aggiunto il dolore iatrogeno, quale quello dovuto a interventi chirurgici, che in un anno in Italia sono quasi 5 milioni, e in cui il dolore può essere previsto e controllato.

La prevalenza del dolore cronico nella popolazione generale è elevata – osserva Giuseppe Civardi, rappresentante Fadoi, società scientifica che raccoglie gli specialisti ospedalieri di medicina interna – Tra le persone al di sopra dei 65 anni, la percentuale media delle persone con dolore supera il 50%. Inoltre i pazienti con un numero di condizioni morbose elevato, obesi, a basso livello di scolarità, di sesso femminile sono colpiti con frequenza ancora maggiore“.

In Italia lo studio Ipse attribuisce il 75% delle richieste di intervento del medico di medicina generale per dolore a cause osteoarticolari, seguite a distanza dalle cefalee e dal dolore viscerale (complessivamente 10-12%).

È il mal di schiena la principale causa di perdite di giornate del lavoro nel nostro Paese – spiega ancora Gensini – Un intervento utile e opportuno della medicina del dolore non è controllare un malessere, ma evitare di compromettere il benessere quando il nostro corpo subisce un intervento chirurgico“.

Ogni anno – prosegue il presidente del Cesmav – in Italia vengono effettuati circa 5 milioni di interventi chirurgici, e molti inducono necessariamente, per la lesione dei tessuti, dolore postoperatorio di entità variabile. Questo dolore può e deve essere controllato per consentire ai pazienti di mantenere il più possibile le loro condizioni di benessere. Ai presidi farmacologici in uso può aggiungersi il contributo delle medicine complementari o integrative che possono essere utilizzate in modo integrato con i farmaci classici, offrendo in alcuni settori ulteriori vantaggi (agopuntura, fitoterapia)“.

L’impiego della telemedicina – conclude Gensini – ancora poco diffusa in Italia, ma in forte sviluppo in alcun Regioni come la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna e il Trentino, può offrire un significativo supporto al controllo del dolore attraverso la sua valutazione e trasmissione a un centro di riferimento, attraverso la possibilità di consultazione del proprio medico, ma anche con la possibilità per il medico di medicina generale di consultare i centri specialistici per suggerimenti riguardo a dolori difficilmente controllabili o alla possibilità di integrazione con trattamenti di medicina complementare“.

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